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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

lunedì 5 settembre 2011

Estate


I Michelangelo del nostro Sud.
Un’altra estate di turismo sciamante in Puglia ripropone la sindrome dei Sassi: povertà o ricchezza? Turisti, soprattutto nordici e stranieri, incantati nei centri storici della regione. Perduti nel risuonare dei passi dei vicoletti, delle stradine, delle piccole corti che si accendono all’improvviso. Stupefatti come bambini davanti alle struggenti edicole della religiosità popolare, fra i civettuoli balconcini fioriti, fra il profumo dei forni, la tenerezza delle insegne. E turisti straniti di fronte agli ultimi scampoli di mondo contadino, i vecchi davanti alle porte, spesso le donne di spalle alla via per pudore. Una civiltà del vicinato che non faceva mai mancare un conforto e uno sguardo, quegli sguardi ormai preclusi nelle anonime città inaridite dalla fretta. Guardare in faccia significa riconoscere e sentir riconosciuta una umanità. Siamo, ci siamo.
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Il fascino della banda e l'inno di Mameli.
Siamo tantissimi in questa piazza bella del sud, circondati dalle luci che la rendono un’enorme e spensierata giostra. Eppure, stiamo quasi fermando il respiro mentre la banda suona l’Inno. Mi sorprendo a pensare a come siamo ridotti come nazione e come Stato. Dagli sguardi d’intorno mi sembra di capire che i pensieri degli altri non sono dissimili: chi pensa ai figli, chi ai nipoti, tutti stiamo pensando al futuro che non si vede, semplicemente perché non c’è. Qualcuno si sta meravigliando: perchè mai sembriamo tristi?