“Spero che questo libro possa portare ad una battaglia comune, cioè ad una cultura di liberazione della donna, iniziando dal racconto di cinque donne sprofondate nella spirale dell’odio e persecuzione, ma che hanno avuto il coraggio di liberarsi da sole del loro aguzzino, per riprendersi la dignità e libertà violate. Dobbiamo sempre schierarci, la neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima; il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato, quello che è costretto a subire non solo violenza fisica ma anche sofferenze e umiliazioni”. (Paolo Maci)
Sarà presentato venerdì 9 giugno, alle ore 18, presso il MAAC (Museo Archeologico e di Arte Contemporanea) di Ceglie Messapica, il libro di Paolo Maci, intitolato “Mi chiamo Eva” (SoloLettura). L’appuntamento, organizzato dall'Associazione di Promozione Sociale “Gioia”, apre la terza edizione della rassegna letteraria “Libriamo”, organizzata con il Patrocinio del Comune messapico e per questo primo appuntamento si avvale della collaborazione con la Camera Forense Messapica “Avv. Vito Gianfreda” e l'IISS “C. Agostinelli”. Media Partner: Idea Radio.
Nel
libro di Maci, cinque
donne raccontano all’avvocato storie di sopraffazione, di violenza e di ossessioni patologiche
di cui sono vittime. Donne ferite ma non sconfitte, che hanno trovato la forza
di reagire e chiedono giustizia nelle aule di un Tribunale. Le cinque
protagoniste offrono una narrazione cruda, a tratti raccapricciante, del loro
vissuto con uno stile televisivo che avvince il lettore, lo porta a
commuoversi, indignarsi ed interrogarsi nell’attesa del finale. L’avvocato, che
raccoglie le loro voci rimettendo in piedi la stessa dignità crudelmente
schiacciata da uomini senza scrupoli, veicola nella difesa delle vittime il
dolore, l’angoscia, il sentimento di impotenza di fronte alla violenza subita
ed è consapevole, come ogni difensore, che il futuro delle sue assistite si
giochi anche nelle aule di un Tribunale, dove essere credute significa in parte
riacquistare la propria dignità ferita.
“…Ma
ora Elena è morta. Dopo un anno di ospedale e quattordici interventi ho deciso
che il mio nome di allora sarebbe stato Alena. Il nome che era riportato sui
miei documenti polacchi e che io, in Italia, non avevo voluto usare. Nella mia
nuova vita mi chiamerò Alena…”
Il
racconto, l’assistenza e la denuncia sono tre fasi che sfociano
nel ritratto del risveglio,
della coscienza
dei propri diritti violati, della fiducia nelle
istituzioni. Si impara a non sentirsi colpevoli ed a dire di no. Bisogna far
parlare il coraggio
nascosto. Questo si legge tra le righe in Mi chiamo Eva.
L’incontro
sarà moderato dall'Avv. Anna Rita Amati e prevede i saluti della
Presidente dell'APS “Gioia”, Graziella Nannavecchia, dell'Assessore alla
Cultura, Mariangela Leporale e gli interventi letterari degli studenti
dell'IISS “C. Agostinelli” impegnati nel progetto sul femminicidio intitolato
“Chi dice donna dice Donna”. Durante la presentazione sarà proiettato il
cortometraggio “Il bello dell'esse donna”.