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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 24 maggio 2007

MANUFATTI DEL PASSATO: LE NIVIERE.

In un post di Piazza Plebiscito Domenico Biondi si è occupato delle niviere, manufatto particolare della storia architettonica della nostra terra, fotografando ciò che rimane dell'ultimo esempio presente sul nostro territorio.Come erano fatte,come venivano gestite e perchè si costruivano?

La risposta in questo estratto di un articolo pubblicato su Umanesimo della Pietra.

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 Foto Domenico Biondi


 

Niviere e vendita della neve nelle carte del passato

di Giuseppe Guarella.

Umanesimo della Pietra,1988 

Mancano anche dati di prima mano sulle mo­dalità di funzionamento delle niviere a Loco­rotondo. Si dovrà, pertanto, far riferimento ai risultati dell'indagine compiuta da Francesco Lemma, anche perchè essa si basa sull'analisi di carte della seconda metà dell'Ottocento, re­lative, appunto, al funzionamento di una ni­viera in Altamura.


Innanzitutto c'è da dire che occorrono dei fasci di sarmenti da collocare sul pavimento della niviera, in modo da costituire un'inter­capedine tra il pavimento e la neve. Il numero dei fasci di sarmenti occorsi ad Altamura nel 1860, per il funzionamento della niviera pre­sa in esame da Francesco Lemma, è molto al­to: si parla di 400 fasci. Il che fa pensare che lo strato da costruire sul pavimento dovrà es­sere molto consistente. La ragione, forse, è da ricercare nella necessità di separare la neve (ma per la verità si dovrebbe parlare di ghiaccio) dall'acqua che, sia pure in piccola quantità, si forma a seguito del continuo (anche se lento) sciogliersi della stessa neve. L'acqua, cioè, de­ve poter sperdersi tra la massa dei sarmenti, per poi confluire, tramite opportune canaliz­zazioni, in vasche appositamente costruite, o, addirittura, infiltrarsi nel terreno.


Anche sulle modalità di raccolta della neve Francesco Lemma fornisce delle informazioni. Questi scrive che la neve viene portata alla ni­viera o con vaiardi (una specie di portantina a quattro mani) o con i traini (il che presuppone che la neve è raccolta in posti anche abbastan­za lontani dalla stessa niviera).


Non esclude, però, un altro sistema: sicco­me le niviere sono costruite per la maggior parte nelle vallate, si formano sulle cime dei poggi circostanti delle grosse palle di neve, che poi si fanno rotolare lungo i pendii e naturalmen­te ingrossare durante il cammino. Una volta portata alla niviera, poi, la neve viene posta a strati successivi sul graticcio di sarmenti e com­pressa da operai, che si servono per la battitu­ra di pale e, per utilizzare i termini proposti da Francesco Lemma, di mazzacche o di maglioccole. È in questo momento che la neve diviene progressivamente ghiaccio.


Ed è chiaro che, nel momento della raccol­ta, si ha cura di evitare che alla neve si mesco­lino corpi estranei: tali corpi, oltre a provoca­re un deprezzamento della qualità, potrebbe­ro accelerare i tempi della liquefazione. In ogni caso, la neve non potrebbe essere definita, nel momento della vendita, neve da bicchiere: espressione, quest’ ultima, che rende in modo plastico il senso della nettezza e della genuinità".


Dopo l'operazione di battitura (e della cons­eguente trasformazione della neve in ghiaccio) la niviera viene chiusa, in attesa del gran caldo. È nei mesi torridi, infatti, che la niviera rientra in funzione. Un operaio specializza­to è addetto a tagliare il ghiaccio in pezzi re­golari (quasi sempre, in Altamura, del peso di circa quattro quintali e mezzo), i quali, avvolti prima in paglia (che dev'essere di buona qualità e, soprattutto, molto fine) e poi in te­li, vengono caricati su traini e avviati al con­sumo. E in questo momento che si tiene con­to dello sfrido, calcolato intorno al dieci per cen­to del peso totale.


C'è da notare che si ha notizia di appaltato­ri della vendita della neve. Nell'Archivio Co­munale di Noci, per esempio, di tali contratti di appalto si conservano due esemplari. Essi risalgono rispettivamente al 1911 e al 1912: il primo appalto viene concesso a un tale Gio­vanni Fazio; il secondo riguarda Giuseppe Bel­lacosa. Tutti e due si impegnano a vendere neve pulita di qualità buona da bicchiere; accettano la clausola del contratto secondo la quale lo spaccio dovrà essere aperto ogni giorno dall'alba alla mezzanotte e dovrà essere fornito di quanti­tà sufficiente per i bisogni del paese; dichiarano che, mancando la neve per oltre due ore, e tro­vandosi chiuso l'esercizio entro l'orario sopra sta­bilito, si impegnano a pagare una multa di lire cinque per ogni ora".


A che cosa possa servire il ghiaccio è intui­bile. Di certo il ghiaccio viene utilizzato per essere sorbito come granita o come gramola­ta, dopo essere stato mescolato con sciroppi o, al limite, con vincotto.


In una carta dell'Archivio Comunale di No­ci, risalente al 1867, si legge, però, che il ghiac­cio dovrà servire per gli infermi del paese. Ed è, quest'ultima, un'annotazione significativa: non si tratta solo di rallegrare le feste o, co­munque, di soddisfare la gola; si tenta anche, attraverso il ghiaccio, di alleviare le sofferenze.


Anche nell'Archivio Storico del Comune di Locorotondo si conservano diversi contratti di appalto della neve, tutti risalenti ai primi an­ni del Novecento. Per completezza di informa­zione se ne riporta uno, sottoscritto il 10 ago­sto 1914:


Con la presente scritta privata si sono costitui­ti il sig. cav. Mitrano rag. Antonio sindaco, rap­presentante questa amministrazione comunale, ed il sig. Recchia Filippo di Giuseppe Antonio, non­chè i testimoni Palmisano Angelo di Michele e Perrini Giuseppe fu Buonaventura. I suddetti in­dividui sono tutti nati e domiciliati in Locoro­tondo. In esecuzione del deliberato di questa giun­ta comunale in data 15 del mese di giugno p.p. con il quale deliberato si determina darsi in ap­palto la vendita della neve offrendosi un premio di lire cinquanta al miglior offerente. Essendosi presentato il solo Recchia Filippo di Giuseppe Antonio alla gara dell'appalto del ghiaccio e della neve, a trattative private, con tutte le formalità di legge, si ebbe il seguente risultato, cioè che l'offerta migliore per la vendita della neve è stata di centesimi quindici al chilo. Sicché resta appalta­tore il sig. Recchia Filippo come unico e miglio­re offerente. Il detto individuo si sottomette alle seguenti condizioni:


1 ° - Accordarsi un premio di lire cinquanta a colui che venderà la neve in questa stagione esti­va alle migliori condizioni e con la durata dal 20 giugno al 15 settembre p.v., prelevandosi det­ta somma dal relativo fondo, aprendosi le aste a trattative private previo bando eseguito dal ban­ditore comunale.


2 ° - La neve deve vendersi stilla base di cente­sími 15 al chilo.


3 ° - L'aggiudicatario deve alzarsi di notte per la vendita della neve o del ghiaccio in caso di bisogno.


4 °- La predetta neve deve essere consumata dai compratori in Locorotondo e suo agro; se fosse destinata ad esportazione il venditore può rifiu­tarsi a venderla o può chiedere quel prezzo che meglio crede.


5° - L'appaltatore è obbligato a fornire i caf­fettieri di detta neve o ghiaccio all'istesso prez­zo, una quantità non superiore a 25 chili previo avviso all'appaltatore di 24 ore prima.


6 ° - La neve o il ghiaccio devono essere di qualítà buona, pulita e senza corpi estranei.


7 ° - Per ogni infrazione ai presenti patti l'ap­paltatore si sottomette ad una multa da infliggersi dalla giunta comunale in misura non inferiore ad una lira per volta: dette multe saranno scalcola­te dalle suddette lire cinquanta a fine di eserci­zio nel rilasciarsi il relativo mandato.


8 ° - L'esercizio si deve tenere aperto dalle 6 a.m. alle ore 11 p.m.


9° - Le spese occorrenti restano a carico del comune.


Si è redatta la presente scrittura privata che vie­ne firmata come per legge.


Locorotondo, 10 agosto 1914


 

N.B. La pubblicazione non ha scopo di lucro. L'autore dell'articolo riprodotto o gli aventi diritto possono chiederne la rimozione.    

17 maggio 19.28