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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

sabato 5 aprile 2008

Free jazz

Mattew Shipp



Ceglie Messapica, 12 agosto 2007, sagrato chiesa Matrice [foto Aldo Putignano]



L’era dello swing, in cui il jazz raggiunge il massimo della popolarità, è ritenuta da alcuni un momento di decadenza della storia jazzistica, una degenerazione commerciale causata principalmente dall’evoluzione dei mass media, che ne fecero un genere di musica consumistica.


La reazione si fece sentire con un alternarsi di tendenze contrastanti fra loro,sia per ricondurre il jazz allo stile di new Orleans (Hot Jazz),sia per rivalutarlo come musica seria (Be Bop), sia per renderlo più calmo e accessibile a tutti (Cool Jazz) o, infine,per riportarlo alla forma primordiale afro-americana (Free Jazz).



"Si vuoi dire che il momento sonoro del free riesce a realizzare uno stato tensivo di comunicazione collettiva che rovescia del tutto le radici tradizionali del jazz inteso nel suo significato origi­nario, e tale capacità di ribaltamento configura una sorta di «em­patia musicale», proprio perché tende a concretare il tempo dell'emozione del singolo musicista entro una condizione di reci­proca eccitabilità collettiva dalla quale non si sfugge, a meno che non si cerchi l'anfratto della tradizione: « È finita per i figli dei bianchi», dichiarava in quegli anni Archie Shepp, «non balleran­no mai più con la musica del pagliaccio nero. È finita con i bat­telli sul Mississippi, con le ballrooms di Chicago e di Manhattan, con lo sfruttamento, con l'alcool, con la fame e la morte... È du­rato cinquant'anni il viaggio del nero verso il Nord... l figli del battelliere e dell'emigrante hanno valicato i confini folcIoristici del jazz, la musica del nero americano è entrata nella cultura nera e americana». Soprattutto quest'ultima affermazione risulta indi­cativa per comprendere il tempo del trapasso dal realismo natura­listico delle origini all'età commercializzata dello swing e infine, dopo la verifica della stagione intermedia espressa dalla ribellio­ne dei boppers, al sostrato contestativo e provocatorio del free. II passaggio cioè dal formalismo, con cui si è aperta la stagione dei jazz, allo stadio informale con cui si sviluppa il credo della musica contestativa, non può che reperire il suo tema originario nella musi­ca di Parker, ma soprattuto nell'evoluzione-liberatoria che la cultura nera ha vissuto fino al grido urlato a voce piena e in totale affranca­mento da Cleaver e Leroi Jones, da Malcolm e da Luther King."
Walter Mauro, La storia del Jazz.





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