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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

domenica 17 agosto 2008

Festa S. Rocco


Domenica 17 agosto
piazza Plebiscito
Ceglie Messapica




Premiata Grande Orchestra Sinfonica
"Padre Serafino Marinosci"
di Francavilla Fontana.


..........
ed una flotta di bambini festosi
si mise a suonare come fa la banda
........
E tanta gente dai portoni
cantando sbucò
e tanta gente in ogni vicolo
si riversò
.......


Quando la banda era segno di festa,
quando la banda era l'unico modo di poter ascoltare la musica "colta",
quando la banda era scuola di musica ....
da un'intervista a Pietro Principalli:


"Ho iniziato a studiare da giovanissimo, ho studiato musica, insomma ero preso da qualche cosa oltre la sartoria. C'era sempre poco tempo perché la mattina si andava a scuola, il pomeriggio ho incominciato a studiare musica, i compiti dovevo farmeli la sera. E poi non è che c'era tanto tempo per raccontare....
Per esempio, tornando indietro agli anni trenta. Io suonavo già con la banda.
Allora le bande viaggiavano con i traini, con i cavalli, e questa povera gente che si avventurava con i cavalli! Se c'era la salita allora bisognava cambiare il peso, cioè passare avanti il peso, per bilanciare; quando c'era la discesa il contrario. Allora le bande erano voluminose da portare; almeno quaranta elementi. Ci volevano, diciamo, quattro o cinque traini. Si andava non troppo lontano; fino a Lecce, massimo. Per allontanarsi con i cavalli, che so, fino a Bari, ci voleva un sacco di tempo.
Si viaggiava anche di notte, per arrivare la mattina. I mezzi di oggi sono meravigliosi, consentono anche gli spostamenti di centinaia di chilometri, mentre ieri si stringeva nel cerchio di pochi chilometri. Oggi magari si passa dalla Calabria all'Abruzzo.
Nell'esperienza della banda succedono un sacco di storielle. Per esempio allora c'era gente che, malgrado che stava nella banda, erano dei bevitori; e questi bevitori ogni tanto venivano fuori. Molte volte bevevano e davano fastidio. C'erano sempre degli elementi turbolenti, maleducati, e le bande erano cosi. I livelli non sono uguali né artisticamente né come uomini, qualche tafferuglio succedeva!
Molte volte era questione di invidia o di tante cose che succedono nella vita..... L'ospitalità, 1'essere trattati bene o 1'essere trattati meno bene, dipendeva dal comportamento. Magari si arrivava tardi e  venivi preso sott'occhio. Perché allora era rigido: alle otto la banda doveva uscire! Se arrivava alle nove si cominciava che volevano tagliare quando ti pagavano.
Le commissioni, poi, non tutte vengono fatte da persone piuttosto elevate. Ci sono pure gente cafona in mezzo a loro, e questa gente non ti trattava come era necessario.
L'apprezzamento artistico viene anche dalla competenza di chi ti ascolta perche, se c'e gente che ascolta e capisce 1'importanza, 1'apprezzamento viene fatto a un certo livello. Magari c'e gente che applaude solo perche la tromba ha fatto un assolo e magari la banda non serve.
La banda è composta da tante classi: quella dei clarinetti, quella delle trombe, e via di seguito. Se la banda è immersa in tutte queste classi allora la banda corrisponde. Chi la giudica deve essere competente; diversamente non può giudicarla.
Gli arrangiamenti si sono sempre fatti, specialmente nelle bande più mediocri. Magari mancava il flauto. Quella parte a chi la davano? A un piccolo in la bemolle. Allora si impegnava quello strumento al posto del flauto. Era un ripiego, ma se il suonatore era bravo non c'era difficoltà.
Di avventure no, perche la vita mia è stata basata sempre sulla serietà, sull'impegno, non ce ne sono state chiacchiere.
La mia preparazione era da un maestro privato. Noi tenevamo il Maestro Chirico, un bravissimo maestro locale, cegliese. Lui ha fatto tanti allievi bravi. Allora il conservatorio non era uno scherzo, e noi eravamo una famiglia di operai. E chi andava al conservatorio? Allora cosa c'era? Napoli, e come si andava a Napoli? Uno si doveva spostare da qui per andare a Napoli, vivere a Napoli, pagare... No, un artigiano non poteva assolutamente.
lo facevo parte della classe dei clarinetti, pero suonavo il piccolo in la bemolle e non ero inferiore a nessuno, almeno all'epoca mia.
Dall’intervista a Pietro Principalli contenuta in
L. Lezzi, S.Miscuglio, La memoria raccontata–Una ricerca sulla narrativa orale a Ceglie Messapica, Edizioni Aramirè, 2006