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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 11 dicembre 2008

Nniccu Furcedda 1/2

La dipendenza culturale del Salento da Napoli dal punto dì vista letterario è un fatto incontestabile per tutto il Settecento, che è il secolo nel quale prende inizio e vigore la produzione letteraria in dialetto. Una conferma si ha dall'esame di documenti del tempo: l'opera buffa La Rassa a bute e la farsa Nniccu Furcedda del medico francavillese Girolamo Bax.
Non abbiamo molte certezze né sulla vita né sull'attività di questo scrittore, del quale sono messe in dubbio la località in cui egli nacque e la stessa data dell’evento. Sembra certo comun­que, anche a voler prendere per attendibile l'indicazione dello storico salentino Pietro Palumbo che lo vuole nato a Grottaglie, che i genitori e il casato fossero invece di Francavilla Fontana, importante ed evoluta città del Salento (oggi in provincia di Brindisi), al limite dell'area linguistica dialettale salentina, la dove essa, procedendo verso il Nord, subisce l'influsso della limitrofa area barese. È per questo che già all'inizio della farsa al v. 15 del primo atto propone al posto di "stu puercu" la lettura "cuddu puercu" se­condo l'uso del dimostrativo proprio dell'area barese. Si ricordi a proposito che per caratterizzare il personaggio di Rienzu, l'unico non leccese dell'opera buffa La Rassa a bute e per indicare la sua origine non propriamente salentina, l'ano­nimo autore ricorre allo stesso espediente. Se poi consideriamo che anche in quel libretto per opera ricorrono nomi identici per indicare alcuni personaggi (Rienzo e Titta sono nomi comuni alle due commedie), troveremo un ulteriore motivo per riportare le due opere a due tipologie diverse d'uno stesso fenomeno storico-letterario: quello che determinò la nascita del teatro popolare dialettale a Napoli agli inizi del sec. XVIII.
Infatti le due forme della commedia dialettale nacquero, come dice Cro­ce, "quasi a un parto": la prima, la commedia dialettale in prosa, nel 1701; la seconda, quella in musica, nel 1709 con l'o­pera buffa Patrò Calienno de la Costa di Agasippo Mercotellis, che si vuole essere l'anagramma di Giaseppo Martoscelli. Questa circostanza della omonimia dei personaggi è un'ulteriore prova del fatto che agiva fortemente nel Salento il modello teatrale napoletano, com'era uso in gran parte dell'intero territorio del Regno; ed è altresì prova d'una certa ste­reotipia che informa tutte le opere teatrali secondo uno schema culturale che ha messo in crisi la commedia dell'arte con il recupero di una lingua di­versa, il dialetto appunto, che portava con sé un nuovo mondo: a Napoli quello popolare cittadino della plebe, nel Salento quello della vita contadi­na, dei suoi costumi, del suo gergo.
Continua 1/2

Liberamente tratto da: Donato Valli, Storia della poesia dialettale nel Salento, Congedo Editore, 2003.