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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 5 febbraio 2009

L’ultima radio

L’ultima radio racconta la nottata di un conduttore che deve chiudere dopo più di 500 trasmissioni e quindi approfitta della circostanza per sfogarsi rievocando momenti della sua carriera e della sua vita privata mentre attende, invano, telefonate di ascoltatori. Oggi poco più che cinquantenne, il nostro si è formato negli anni Settanta ed è rimasto legato a quella musica e ai dischi in vinile, che caparbiamente ripropone.

Chiacchierando tocca molti argomenti, e non solo autobiografici - celebra, per esempio, eroi della radiofonia, due perdenti rimasti leggendari: quell’Armstrong che dopo avere inventato la modulazione di frequenza si buttò da un grattacielo quando si rese conto che la grande industria gliel’aveva scippata, e Peppino Impastato, il cui assassinio per mano dei mafiosi che prendeva in giro via etere fu ignorato perché coincise col ritrovamento del cadavere di Moro. A proposito di sé, il conduttore rievoca il provino fallito agli esordi, quando si propose come imitatore e rumorista; il viaggio formativo nella swinging London; il devastante amore per una tossica che lo trascinò nell’inferno della droga; il soggiorno, perfino, in un carcere dove peraltro riuscì a disintossicarsi.

Pieno di fattacci com’è, il copione scritto da Sabina Negri diventerebbe sempre più cupo se Tullio Solenghi, diretto da Marcello Cotugno, non lo alleggerisse con la simpatia personale e con la sagace inserzione di qualche suo numero.

MASOLINO D'AMICO


Teatro Comunale di Ceglie Messapica.
Venerdì 6 febbraio, ore 21
Tullio Solenghi
L’ULTIMA RADIO
di Sabina Negri
Regia Marcello Cotugno


La parola radio per quelli della mia generazione ha un potere evocativo particolare, in quei lontani anni ‘50 infatti il totem attorno al quale la sera si riunivano le famiglie era costituito da quello strano aggeggio, l’imponente mobile-radio, infarcito di valvole con due manopole madreperla sul frontale, che avevano il magico potere di proiettarti in uno sconfinato mondo di voci e di suoni.

Tullio Solenghi

 

Per me la radio negli anni sessanta era il Festival di S. Remo e “La corrida” con Corrado e il maestro Pregadio; negli anni settanta era la prima radio libera a Ceglie, come ascoltatore e come deejay: Radio Ceglie o meglio Radio Ceglie Messapica Centrale 103.5 MHz . Qualcuno la ricorda? Quanti ricordi, quanti personaggi! Oggi la radio per me è solo un sottofondo.




Avrei voluto fare una recensione dello spettacolo teatrale di domenica scorsa “Il traino dei fessi” , epp’ e ccè ngi vol’, ma non la farò perché il recensore è una persona distaccata, che non si fa coinvolgere da quello che vede o ascolta. Io mi sono fatto coinvolgere dai diversi personaggi interpretati o raccontati da Giuseppe Ciciriello. Come non sentirsi coinvolto dalla musicalità del dialetto cegliese, dalla sofferenza e dall’orgoglio di chi lavorava da “sol’ a sol’ ” e “ i fatiat’ e i patit, pi tott’ na vit’, dal disertore e dall’eroe, dal fesso (ci vuole una vita pi divintà istruito, ma due pi fa u fess’) e altri come … “nna ttu rucuerd’… “. Personaggi che oggi non ci sono più, ma presenti in forme diverse nel mare della vita. I monologhi sono difficili per chi li recita e per chi vi assiste. Mi dispiace per gli assenti, la prossima volta non mancate.
Aspettando che ritorni il mare nella terra promessa, una foto dello spettacolo.