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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

venerdì 30 agosto 2013

L'ULTIMA CORSA


Ricevo e pubblico volentieri "una sorta di diario con pensieri in libera uscita".
L'ULTIMA CORSA
Quarta parte


Decise che era giunto il momento di prendere sul serio il consiglio del suo medico e finalmente rompere ogni indugio con la sua parte refrattaria a qualsiasi cambiamento di stile di vita che quasi lo faceva star male provocandogli un malessere interiore, un disagio molto simile a quello provato quando la situazione contingente non lo riusciva a mettere comodo fisicamente e con il proprio stato d'animo.
Non era una vera e propria inquietudine ma uno stato di irrequietezza che lo indisponeva quasi che fosse adagiato su un letto di spine che non gli permetteva non solo di dormire ma di chiudere persino gli occhi per abbandonarsi alla notte.
Ma fino a quando non avrebbe legato le stringhe alle scarpe da ginnastica, pensò, non avrebbe mai saputo fino a che punto la corsa lo avrebbe liberato dai timori che fino ad allora non aveva mai coltivato. Del resto il suo medico curava l'anima, o almeno ci tentava con e senza il suo aiuto, non il suo fisico che a quanto sapeva , come tutte le cose che riguardano il corpo , aveva bisogno di uno specialista per studiarne gli aspetti e poi determinare quale tipo di attività sportiva facesse al suo caso.
Era un'avventura sotto ogni aspetto e la cosa della corsa all'apparenza facile da realizzare in realtà poteva nascondere delle insidie perchè non sapeva come avrebbe reagito il suo fisico all'apparenza prostrato e fino a che punto spingere quella sorte di allenamento quotidiano alla vita senza dover patire ancora di più dentro e fuori di se.
Al medico non aveva chiesto consigli sul come cominciare a correre: facile dire vai a correre quando non si sa niente dell'argomento, un esame senza aver toccato neanche una volta il libro!
Poteva sembrare che accettasse un atteggiamento di sfrontatezza eccessiva che non gli apparteneva essendo abbastanza timido e che se non incorraggiato a dovere la differenza tra una statua era minima e non voleva aprire una sfida con l'ignoto, pur non avendo ormai nulla da perdere , come aveva fatto immaginare il consiglio del suo amico medico.
Questo pensiero quasi lo rinfrancò e gli risuonò più volte nella mente mentre si allacciava le scarpette da ginnastica. Non aveva ormai niente da perdere e ogni strada si sarebbe trasformata sotto i suoi piedi come rotaie dal percorso obbligato e che caso mai avesse deragliato dai binari ci sarebbe stato un disastro di cui ignorava la portata.
Perchè il suo amico medico era stato così criptico, così stringato nel suo referto verbale, nella sua confidenza a mezza bocca ?
Pensava forse che lo avrebbe deluso o provocato altri traumi su cui si poteva momentaneamente soprassedere?
A volte, pensò Rocco, sono indecifrabili come la loro scrittura e forse andava bene così: lo avrebbe accontentato e poi gli avrebbe riferito del suo nuovo stile di vita, dei risultati che raggiungeva  per poi cercare di strappargli qualche parola in più , per capire il reale stato delle cose non altro, perchè magari di fronte ad un destino segnato ne lui ne il medico erano attrezzati per cambiarlo.
Si rizzò sulla schiena e rimase a guardare le sue scarpe notando che le stringhe le aveva allacciate con molta cura tanto da sembrare uguali anche nella lunghezza fuori dal nodo le cui punte toccavano appena il suolo. Senza volerlo ci aveva messo del tempo, molto più del normale di certo dovuto ai tanti pensieri che non riusciva a frenare perchè loro avevavo cominciato la loro personale corsa verso una nuova vita e a lui non restava che cominciare a seguirli e poi ad inseguirli fino a quando non se ne fosse riappriopriato del tutto e rednerlo di nuovo padrone della situazione.
Mise il primo passo fuori di casa e tutt'intorno sembrava sparito, reso fantasma da una figura imponente che aveva ingoiato tutto tranne il cielo, la strada, vera e unica amica o forse nemica da adesso che lo avrebbe preso per mano e condotto per altri orizzonti, altri scenari sconosciuti mai desiderati fino ad allora che si spalancava di fronte e lo avvolgeva come un serpente che pian piano gli avrebbe tolto il respiro e poi mollarlo madido di sudore e stanco di fronte al suo uscio di casa senza altri pensieri nella testa.
Si era vestito molto leggero, senza borracia al seguito e senza orologio perchè avrebbe corso fino a quando glielo permetteva il respiro e fare l'ultimo passo giusto per rientrare a casa. Non avrebbe strafatto il suo primo giorno, era il suo unico pensiero, e non aveva deciso alcuna meta perchè non occorreva deciderla; non avrebbe avuto alcun senso dato che la sua corsa non avrebbe avuto concorrenti, premi se non viverla come un primo bacio e immaginare tutto il resto.
Si segnò facendosi la croce e decise che il percorso avrebbe seguito il corso del vento e la sua lepre da seguire sarebbe stato una nuvola che non avrebbe mai sorpassato per rispetto, magari affiancarla e guardarla negli occhi questo si scambiandosi un "buonafortuna!" o un "buonacorsa!"
fino a quando ognuno sarebbe poi ritornato verso casa.
continua
angelo ciciriello