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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 27 febbraio 2014

CROCE E FISARMONICA


Teatro a tutti i costi
Giovedì 27 febbraio 2014
Ceglie Messapica

Teatro Comunale ore 18.00
Proiezione del film
“L'anima attesa”
alla presenza del regista Edoardo Winspeare
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“L’anima attesa” è un film voluto da Pax Christi, il movimento pacifista di cui don Tonino Bello è stato presidente dal 1985 al 1993, e da Mosaico di Pace, la rivista fondata da don Tonino Bello. “L’anima attesa”, però, è anche il film di tutti, fortemente voluto per il ventennale dalla morte del Vescovo di Molfetta, e finanziato grazie alla campagna “Adotta un fotogramma” da chi conosceva don Tonino personalmente o soltanto attraverso la sua opera.
 La pellicola è nata da un’idea di Edoardo Winspeare e Carlo Bruni. Non è un lavoro a carattere biografico, ma è un’opportunità per divulgare, attraverso passaggi metaforici, il pensiero di don Tonino su due temi di stringente attualità: l’economia (basata su un modello economico ingiusto e fuori controllo “che produce dipendenza, fame, miseria nei Sud del mondo e la distruzione dell’ambiente naturale” - don Tonino, Arena di Verona 30 aprile 1989) e la politica (“perché nasca un nuovo ordine di giustizia e di pace dobbiamo accendere, con quella della pietà, la lampada della politica, intesa come maniera esigente di vivere l’impegno umano e cristiano al servizio degli altri” - don Tonino Bello, Vegliare nella notte). Curiosità, amorevolezza, desiderio di comprendere. Winspeare ha scelto di descrivere gli aspetti più legati all’impegno del vescovo di Molfetta in Pax Christi, ma anche l’impegno di un uomo di fede nella vita di ogni giorno, di una figura che, nonostante l’eccezionalità del processo di beatificazione, è sempre stato un uomo tra gli uomini.
 Evidente nel film è la sua autorità morale, quella che manca ai giorni nostri. Don Tonino Bello è stato un esperto di umanità, capace di diffondere un concetto di pace costruita sulle relazioni, sulle piccole esperienze, ma anche sulle grandi imprese come la marcia dei 500 a Sarajevo.



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Teatro Comunale ore 21.00
CROCE E FISARMONICA   
di Carlo Bruni e Enrico Messina
con Enrico Messina e Mirko Lodedo
regia Carlo Bruni
musiche dal vivo Mirko Lodedo

Un omaggio a don Tonino Bello, pastore salentino, Vescovo di Molfetta, irriducibile difensore della pace e dell'umano.

Banalizzando, si usa contrapporre alla felicità il dolore, ma se un uomo, morso violentemente da un cancro, decide, nel dicembre del ’92, di partire per Sarajevo per invocare il primato della pace, proprio sulla soglia tragica di una guerra, sta soffrendo o gioisce?
Antonio Bello è stato Vescovo e presidente nazionale di Pax Christi. Nato ad Alessano (LE) nel 1935, è morto a cinquantotto anni nell’aprile del ’93, a Molfetta, in episcopio. Nella sua casa natale, fra molti ricordi, regali, testimonianze d’affetto, c’è il disegno di una bambina delle elementari che lo ritrae, in piedi, su di una fragile e variopinta barchetta a vela, braccia larghe e mani che tengono rispettivamente una croce ed una fisarmonica. Prediligendo il potere dei segni ai segni del potere, don Tonino Bello ha esercitato il suo mandato coniugando uno straordinario rigore evangelico, con un anticonformismo capace di spiazzare i più arditi rivoluzionari; associando a una fede profonda, una laicità che a molti ancora oggi, sembrerebbe paradossale per un prete: tenendo insieme croce e fisarmonica. È difficile trovare qualcuno nelle nostre parti, con più di trent’anni, che non abbia un episodio da raccontare, una testimonianza del proprio rapporto con questo pastore salentino. Ma il nostro lavoro non tenta una sintesi di quel ricchissimo patrimonio, non costruisce un reliquiario, per quanto venerabile, in cui esporlo. Vuole piuttosto ricavare l’impronta di un passaggio perché per quanto profonda, non rischi d’essere cancellata dal folklore o allontanata da una meritata santificazione. 
Questo lavoro tenta di esercitare una fede “laica” nell’uomo, attraverso la ricostruzione mitica della figura di un religioso. Talvolta si attribuisce al mito di un senso d’irrealtà, addirittura di falsità, mentre nella tradizione classica il mito rappresenta un punto elevato di sintesi: un punto di riferimento capace di favorire la coesione sociale, culturale, etica; di definire un orizzonte comune.
Ecco: il nostro e il racconto di un mito. Il sud, la fede, l’impegno sociale, riformatore, pacifista, sono coordinate di una rotta che percorriamo con la cadenza di una ballata perché questa Storia ci resti dentro come una canzone. Fonte