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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

domenica 4 ottobre 2015

Francesco a Ceglie



Quello che resta dei Francescani a Ceglie. 
Non c'è un'associazione che si occupi del monumento? Tutti a piangere per la scomparsa del convento (giustamente) ma nessuno che pensi a recuperare l'ultimo segno, seppur più recente, dei francescani a Ceglie.
Auguri a tutti coloro che portano il nome del santo.





Francesco organizza una forma di vita religiosa assolutamente inedita, che va oltre il chiostro cioè la vita monastica come era fin ad allora intesa. I cardini sono due: la vita comunitaria e la povertà quasi assoluta, in contrapposizione alle ricchezze degli ecclesiastici e anche, in molti caso, dei monaci. I concetti che si vengono elaborati sono dunque due e cioè la fraternità e l’essere assolutamente minori, nel senso di non possedere nulla, nemmeno i vestiti normali dell’epoca. 
Il senso di minorità. Ecco perché quei giovani che si raduna attorno a Francesco si danno il nome di “frati minori”, cioè meno di tutti gli altri frati. Nessuno insomma era come loro. Rinunciano a tutti, si vestono di sacco, danno tutto ai poveri. 
 Lo dice Tommaso da Celano, l’autore della prima cronaca dell’esperienza francescana: “E siano minori”. Ma c’è di più perché la povertà non è solo privazione di qualsiasi bene materiale, ma anche totale insicurezza e abbandono solo nelle mani di Dio. I primi vanno ad abitare in un tugurio, dove si ricoveravano animali. Sono in tre con Francesco, ma immediatamente l’esperienza attira molti giovani.