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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

mercoledì 18 maggio 2016

Colpita

Ieri sera al Castello il pubblico invocava il protezionismo delle professioni, il contrasto alla sussidiarietà e rimproverava la sinistra di non aver avversato la P2.
Bertinotti, prima socialista lombardiano, poi comunista ingraiano e infine protagonista del progetto fallito della Rifondazione Comunista, ha illustrato il suo libro (in foto) e provato a motivare il No al Referendum Costituzionale.
Egli ha esordito dicendo che l’eventuale vittoria del No lascerebbe la nostra Repubblica come è adesso: in uno stato di poca democrazia e molto mercato. Ma allora, dico io, avrebbe dovuto proporre l’astensione!
Bertinotti non vede soluzioni: afferma che la sinistra come concepita
nel ‘900 è finita e termina sconsolatamente il suo libro con la citazione ”quando non vedi sentieri davanti a te, [allora] bisogna mettersi in cammino”.
Ma dove, osservo io, se il sentiero non si vede? 
Egli si accontenta intanto degli altri referendum abrogativi: sul Jobs Act, la legge elettorale, l’ambiente.
Il suo slogan forte è: “Il Capitalismo Finanziario non vuole la Democrazia” 
Ma allora, dico io, il problema italiano non è la Riforma Costituzionale, ma il sistema economico. È un sistema però che in Europa si manifesta con politiche di austerità, in Giappone e Usa con politiche espansive. 
Allora, aggiungo io, dobbiamo contrastare la prima delle versioni, ma è quello che si sta facendo con fatica.
Egli divide la storia repubblicana in due trentenni: quello delle riforme e il trentennio della restaurazione capitalista. Dimentica nel libro che gli autori dello Statuto dei Lavoratori furono Giacomo Brodolini e Gino Giugni.
È mia opinione che il fallimento del trentennio riformista risiede nell’alto debito pubblico accumulato e nella pseudo-democrazia delle assemblee e dei sindacati. Sotto la loro spinta fu concesso tutto senza avere i soldi necessari. Adesso ne paghiamo le conseguenze.
Angelo Palma