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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 13 luglio 2017

Pensare altrimenti

Un castello di libri
 
Pensare altrimenti
Diego Fusaro

Giovedì 13 luglio ore 19.30
Castello Ducale


Sentire altrimenti 
Un tempo non era permesso a nessuno di pen
sare liberamente. Ora sarebbe permesso, ma nes
suno ne è piú capace. Ora la gente vuole pensare
 ciò che si suppone debba pensare. E questo lo 
considera libertà. 
O. Spengler, Il tramonto dell’Occidente. 

La storia dell’umanità è storia di dissensi. Da sempre, sia pure in forme, con esiti e presupposti reciprocamente irriducibili, gli uomini si rivoltano.
 Lo fanno in modi molteplici e stratificati, che difficilmente si lasciano ricondurre a un paradigma unitario: e che, non di meno, presentano come orizzonte comune l’opposizione, la protesta, la rivendicata antitesi rispetto a un ordine costituito o, piú semplicemente, a un «comune sentire» (consensus) che si pretende giusto o, comunque, il solo legittimo1 . 
La rivoluzione e la ribellione, la defezione e la protesta, la rivolta e l’ammutinamento, l’antagonismo e il disaccordo, l’insubordinazione e la sedizione, lo sciopero e la disobbedienza, la resistenza e il sabotaggio, la contestazione e la sollevazione, la guerriglia e l’insurrezione, l’agitazione e il boicottaggio: sono tutte figure proteiformi del dissenso, espressioni plurali che trovano il loro fondamento nell’unica matrice del «sentire altrimenti» rispetto all’ordine, al potere, al discorso dominante.