.

Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 13 settembre 2018

I giovedì di settembre


MEDITAZIONE
IL SENSO DI UNA TRADIZIONE POPOLARE
Ringrazio i ragazzi di VisitCeglie che mi hanno dato l'opportunità di trascorre una serata in loro compagnia e con il pubblico partecipe e divertito. Penso fare cosa gradita alle amiche e agli amici che non erano presenti alla manifestazione di postare il mio intervento tenuto presso il Mac900. Con molto piace ho notato un clima sereno che andava nel superamento degli steccati e delle paratie politiche e culturali, tutti uniti nel riscoprire le nostre tradizioni e la cultura di fondo che unisce la nostra comunità.
"A mia conoscenza e memoria non esiste nella Messapia una tradizione come quella cegliese che festeggia tutti i giovedì di settembre. E' una tradizione antichissima sentita soprattutto dagli artigiani i quali,finite le festività in onore di San Rocco, si trasferivano in campagna e quelli che non potevano "comprarsi la villeggiatura", festeggiavano comunque i giovedìdi settembre presso amici o famiglie amiche che possedevano o potevano affittare un fondo. La villeggiatura più ambita era quella che si poteva fare "sobbe u monte", ma anche i piccoli appezzamenti di terreno situati alla periferia del paese erano molto ricercati perché ricchi di ficheti e ceppi d'uva pregiata. Per avere un parametro economico di raffronto si pensi che venivano affittati singoli alberi di fico e mia nonna che possedeva tre giardini a ridosso "du Munderrone" affittava diversi singoli alberi nello stesso giardino a persone diverse che facevano così le provviste di fichi secchi per l'inverno.
Ma come nasce questa tradizione? Potremmo chiederci qual è il suo mitologema? Non avendo alcuna certezza storica si può avanzare qualche ipotesi plausibile. Personalmente do questa spiegazione per le coincidenze che la festa ha con il culto e i riti dionisiaci che furono introdotti nella Magna Graecia nel II sec.d.C. Tra i significati etimologici che si attribuiscono al dio Dionisio ve n'è uno che significa "giovane figlio di Zeus". L'equivalente latino di Zeus è Giove da cui abbiamo ereditato il lemma giovedì. Desumo che anticamente i giovedì fossero festeggiati in onore del dio Giove.
Dionisio,narra il mito, è l'inventore dell'arte di fare il vino e che il dio privilegiava i frutti dal sapore dolce quali il fico,l'uva,la melagrana,la noce e la mela. Questi frutti sono tipici del settembre cegliese. Di settembre si "vunnumave" e il dio dell'uva e del vino era appunto Dionisio che in latino prese il nome di Bacco.Fino a pochi anni fa del secolo scorso davanti alle cantine o alle vendite private del vino nuovo, si appendeva "a pannele" che consisteva in un mazzo d'edera. Il mito ci tramanda che l'edera avvolta su un bastone era il simbolo di Dionisio. Sappiamo anche che i riti dionisiaci avevano un connotato orgiastico e i partecipanti venivano travolti in piaceri sfrenati e sensuali in uno stato d'ebbrezza. Come è noto l'edera ha un potere psicotico ed era molto usata in queste feste pagane. Dionisio, inoltre, era il dio della vegetazione e i riti dionisiaci si svolgevano di sera e nella notte nelle campagne, così come i giovedì di settembre si festeggiano di sera fino a notte inoltrata.
Infine i riti dionisiaci si svolgevano tra balli e canti: i ditirambi, accompagnati da ritmi musicali ossessivi e tra gli strumenti usati c'erano quelli a percussione. A mio parere le pizziche e le tarante richiamano i ritmi dei ditirambi ballati in onore del dio Dionisio. In questi riti si dava libero sfogo alle manifestazioni della sensualità e dell'eros. Trovo tracce di questa sensualità in alcuni canti della tradizione popolare cegliese che si cantavano e ballavano nei giovedì di settembre e solo in quei giorni, dopo abbondanti libagioni, si tolleravano superando la maschilista separazione uomo/donna tipica delle società contadine rigidamente omofobe. Non dimentichiamo che Dionisio era un dio che aveva una personalità doppia e veniva definito "uomo femminile".
Ricordate questo canto:
Iole iole e iole
a mè me pizziche e a tè te prode
pe la marangia rizze
ta gghjiddà na bella pizze.
Nel canto ballato dall'uomo e dalla donna vengono esplicitamente evocati il pene e il clitoride ("u pindengle" in dialetto cegliese).
Ancora:
addò te pizzecò lu scaranzone
atturne a lu giru giru de lu casone.
Oppure:
quanne l'aciedde pizzeche la fiche
la vocche se la sente anzuccarate.
Anche qui le allusioni e il doppio senso del distico sono chiare.
Per tutte queste ragioni congetturo che la festa del giovedì di settembre affonda le sue radici, con tutti gli inevitabili successivi adattamenti e trasformazioni, nella cultura e nella mitologia greco-latina del dio Dionisio-Bacco figlio del dio Zeus-Giove. Mi potreste obiettare che il paganesimo fu superato dal cristianesimo. Certamente vero, come altrettanto vero si dimostra che la cultura cristiana mutuò, attribuendogli naturalmente significati diversi,tantissimi simboli pagani che sopravvivono ancora oggi senza che noi facciamo più caso, anche nella liturgia cattolica".
Vincenzo Gasparro
giovedì 1 ottobre 2015