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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

martedì 9 ottobre 2007

Intervallo

Sed nihil prodest privatae tristitiae causas abiecisse: occupat enim nonnumquam odium generis humani, et occurrit tot scelerum felicium turba. Cum cogitaveris quam sit rara simplicitas et quam ignota innocentia et vix umquam, nisi cum expedit, fides, et libidinis lucra damnaque pariter invisa, et ambitio usque eo iam se suis non continens terminis ut per turpitudinem splendeat, agitur animus in noctem et, velut eversis virtutibus, quas nec sperare licet nec habere prodest, tenebrae oboriuntur.


Ma non serve a nulla l'aver rimosso tutti i motivi di tristezza personali,quando alla vista di tanti delitti che restano impuniti ci prende l'odio per l'intero genere umano.Nel constatare quanto sia rara la semplicità e sconosciuta del tutto l'innocenza, come quel poco di lealtà che ancora esiste sia subordinato ai vantaggi che ne possono derivare,che i guadagni e i danni provocati dalla libidine vanno di pari passo nella ripugnanza che suscitano e che l'ambizione ha superato i limiti al punto da gloriarsi della sua bassezza,l'animo si confonde e,come se fossero state sovvertite tutte le virtù,che ormai non solo non formano più oggetto di desiderio ma addirittura non è nemmeno utile possedere,va brancolando in una fitta tenebra.


L. A. Seneca,De Tranquillitate Animi, XV,1