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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

venerdì 6 marzo 2009

SONATE BACH II

Hanno visto lo spettacolo ieri:


 - Spettacolo di altissimo livello, danzatori dotati di tecnica raffinata. Movimenti potenti.
Non senplice, una danza se vogliamo inconsueta (non parliamo di amici di maria de filippi), una danza politica, temi sociali fortissimi, rappresentati con tutta la loro verità, scomoda! talmente fredda che crea un impatto forte, che gela il pubblico, lo schiaffeggia.
Interessante la scelta degli spettacoli quest'anno. Tutti legati a temi sociali forti, artisti che dimostrano sensibilità, antidivi, antitelevisivi, persone normali.
Bene così.
lud


 - Concordo, un pubblico non all'altezza, che va ancora depurato dalle scorie commerciali... un teatro che non deve appiattarsi su schemi televisivi.


INTERVISTA A VIRGILIO SIENI


Apre la neonata rassegna D.a.N.z.A. un grande protagonista della scena contemporanea italiana, Virgilio Sieni. Il coreografo e architetto toscano porta al Testoni Sonate Bach-di fronte al dolore degli altri, produzione che dal 2007 ha sempre riscosso alti favori da critica e pubblico, complici gli straordinari danzatori Ramona Caia, Simona Bertozzi, Massimiliano Baracchini e Pierangelo Preziosa, confermando il suo prestigio dentro e oltre i confini italiani. Intorno agli undici brani che compongono le tre Sonate di J.S. Bach si raccolgono undici coreografie, undici danze che evocano altrettanti eventi tragici dei nostrigiorni, dalla strage al mercato di Sarajevo del 1994 sino all’invasione della striscia di Gaza, il 6 luglio 2006.
Virgilio, lei ci ha abituati a spazi generalmente connotati da una forte costruzionea rchitettonica e scenografica, mentre in Sonate Bach siamo di fronte a una scena vuota, un quadrato incui si svolgono le azioni dei danzatori, undici episodi di sofferenza. Perché questa scelta?
Gli undici brani coreografici sono come delle stanze in cui si elabora la memoria di un gesto che è passato, ma che vive nel ricordo e quindi nel tempo. Non mettiamo in scena delle tragedie, ma cerchiamo di incarnare tutto quello che è stato unlavoro legato alla documentazione fotografica, riassorbendo quei momentiattraverso un atto di incorporazione quasi pittorica, dentro al fotogramma. Perquesto ho voluto lavorare in un quadrato di sette metri per sette, uno spazio nero che diventa luogo nel luogo, una cornice dove prendono vita undicicerimonie, undici requiem, undici tragedie.
Molti critici hanno parlato di Sonate Bach come di un suo ritorno alla danza, non le sembra un’espressione infelice?
Sicuramente lo è: io non ho mai abbandonato la danza. È chiaro che nel portare in scena nient’altro che i corpi stessi allontanandosi da qualsiasi forma legata alla simbologia oggettistica, come avviene in Sonate Bach, si va a evidenziare un continuum fisico, gestuale, articolare, figurale. Utilizzare il linguaggio della danza significa esplorare una dimensione interstiziale, quella del tempo della dinamica, dove è la danza stessa a incarnarne il senso.
Come il gesto si fa racconto, memoria, tempo, senza cadere nell’espressionismo?
In Sonate Bach la danza afferma lo sforzo di evocare dalle macerie di esistenza una bellezza impossibile e paradossale attraverso il gesto. Il corpo si fa memoria e quindi tempo. Nella danza si sviluppa un patrimonio significante in quanto narrazione del e nel tempo. Un tempo azione in cui non c’è cronologia. Cos’è il gesto? Negli intertizi, nelle articolazioni, nelle bolle d’aria che si creano nei corpi, il gesto è un hic et nunc in cui la dinamica acquisisce un senso non detto. Non mi riferisco a un gesto codificato e allusivo: parlo di un gesto che non allude a nient’altro al di fuori del tempo.
Ripercorrendo i suoi lavoro, appare evidente un costante lavoro di citazione. Con Sonate Bach affronta il saggio di Susan Sontag  Di fronte al dolore degli altri, mentre la pittura trecentesca è il principale filtro iconografico. Come prende vita la citazione?
Esiste un pensiero pittorico attraverso cui il corpo prende le dimensioni di una esattezza che si definisce nello spazio: il rapporto con le immagini si instaura attraverso il gesto. In Sonate Bach la pittura sopraggiungere nel momento in cui la dinamica figurale dei corpi dilaniati va a relazionarsi con itanti esempi di pittura trecentesca e quattrocentesca. A volte parto proprio da una figura, da un quadro, o da una fotografia, riprendendo degli elementi che vanno a confluire nella danza.
Come si sviluppa il rapporto con i danzatori nel momento della scrittura coreografica?
La collaborazione è totale. Certamente ogni danzatore ha una sua specificità, un suo modo di rapportarsi allo spazio e a me, proprio per questo è evidentemente necessaria una continua conversazione. 
La scelta delle Sonate di Bach?
Le Sonate presentano una grande planimetria, di per sé stesse vanno a creare uno spazio fisico di organizzazione corporea e a visualizzare una precisa architettura, dando il giusto senso alla costruzione spaziale.
Paola Stella Minni