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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

martedì 30 agosto 2016

A parole di casa meje


Finalmente l'ultimo libro di Vincenzo Gasparro "Fresco mattino come la tua spalla" che contiene, per la prima volta, una sezione dedicata alla poesia in dialetto cegliese. 
"Il lessico familiare è quello che ci ha plasmato e formato e senza del quale rimaniamo privi di radici e identità." (Vincenzo Gasparro)


Fresco mattino come la tua spalla
Vincenzo Gasparro
BookSprint Edizioni

Andrea Bonanno scrive che “Fresco mattino come la tua spalla” è: “un viaggio-ricognizione teso a evidenziare accenti, impressioni visive e uditive, gesti affettuosi ed amori nella luminosità di un paesaggio inebriante, scoprendo nelle piccole cose una segreta bellezza, che sa di un seducente miracolo” mentre Vincenzo Di Oronzo coglie che: “l’occhio mistico conduce il poeta in un sincretico precipizio, di innamoramento e vuoto… è con una figura estatica che Vincenzo Gasparro introduce nella sua opera poetica, la Taranta suicida, mentre si avvolge in un transfert di danza e di morte, davanti all’assenza del sacro nell’Occidente senza sete”. Mentre Giorgio Barberi Squarotti ha scritto: “La Sua poesia è straordinariamente complessa e profonda: visione, pensiero, mito e sacro sorreggono un discorso che aspira mirabilmente alla totalità, nel confronto con l’antichità e la modernità. “Mediterraneo” è un poemetto di stupenda bellezza e di intensissima verità”.
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Intervista all'autore - Vincenzo Gasparro

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
La mia vita è stata caratterizzata dalla banalità più disarmante, tra doveri familiari,scolastici e impegni politico-sindacali. Sono stato per oltre 40 anni maestro, educato alla scuola di don Bosco, don Milani e Mario Lodi e per questo considero l'educazione un mezzo di riscatto per gli ultimi e i diversi. Vivo in uno splendido paese della Bassa Murgia, Ceglie Messapica, nel cuore della Messapia che declina nella pianura salentina.
È una terra edenica, ma è anche la terra dei rimorsi per lo iato che nei secoli si è prodotto tra la sua bellezza , la sua ricchezza e il tragico sfruttamento delle persone e delle cose. Questo iato, nei tempi andati, si manifestava nello spettacolare rito religioso contadino delle tarantolate. L’avvelenamento del morso della taranta era un avvelenamento simbolico, si manifestava nei momenti cruciali di passaggio della vita e si rappresentava in uno spazio considerato “sacro”. Nel libro “Fresco mattino come la tua spalla” il suicidio della taranta rappresenta la crisi del sacro nelle moderne società industriali. Mi sono dedicato alla scrittura creativa negli anni ‘90 che segnano la crisi nella mia formazione politica, culturale e religiosa. Attraverso la scrittura ho potuto ripensare il mio background culturale. 

2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Amo rimuginare pensieri, sogni notturni, immagini nei ritagli della quotidianità e delle letture che prediligo e quando è matura un'idea, cerco di rappresentarla con immagini e metafore. Sviluppo così dei nuclei tematici che apparentemente sono slegati tra loro e lascio al lettore la curiosità di trovare i legami ,i nessi , le corrispondenze e la trama tra i pensieri. Il lettore è obbligato a ripercorrere il mio stesso intricato sentiero mentale. 

3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Per rimanere agli italiani prediligo come romanziere Ignazio Silone il quale, pur nella sua apparente semplicità, riesce nel contempo ad avere, come aveva intuito Camus, un respiro europeo. La provincia italiana con il suo mondo contadino e cafone assurge a simbolo dell’ umanità sofferente, umiliata e offesa. Tra gli scrittori stranieri prediligo Borges. Per la poesia amo le donne del Secondo Novecento da Amalia Rosselli ad Assunta Finiguerra e Maria Grazia Lenisa. Nella seconda metà del secolo scorso, per me, le donne sono state le poete che hanno creato i versi più belli. In campo internazionale Mandel’stam che per sopravvivere nell'inferno staliniano ci lasciò questi versi: "Mi lavavo all'aperto ch’era notte./Di grezze stelle ardeva il firmamento". 

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