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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

martedì 29 giugno 2010

Who wants to kill Jazz?

Il Fuoco sotto la Cenere - Intervista a Gianni Lenoci
Who wants to kill Jazz? #2


Un estratto dall'intervista che condivido fortemente. 


JfI: Il rimedio all'omologazione culturale, dovrebbe partire dai musicisti stessi, dai critici che non si schierano abbastanza o dal pubblico che, finchè l'educazione musicale nelle scuole italiane sarà ferma al flautino ed al triangolo e la TV deterrà il potere, dovrà fare una fatica doppia?



GL: Io non credo per niente a questa balla secondo la quale bisognerebbe dare al pubblico ciò che vuole.
E' esattamente il contrario. Io ho fiducia nell'uomo.
Il pubblico è di gran lunga più sensibile ed intelligente rispetto ai musicisti e giornalisti e tutto lo star system in questione. Nessuno nutrirebbe un figlio solo con le merendine. Ergo: diamo al pubblico semplicemente bellezza e contenuti.
Tanto per uscire dal campo del jazz (e non urtare le sensibilità dei colleghi): tutta la grande Arte possiede già tutto. Ogni brano è uno spaccato esistenziale - in Mozart troviamo la leggerezza e la profondità contemporaneamente - in un gioco di rimandi e sovrapposizioni. C'è humor e dramma, come nella vita.
Pertanto operazioni di rilettura e/o semplificazione alla Allevi, sono semplicemente ridicole (e dannose).
Ti dirò che non credo neanche ci sia bisogno di educazione musicale in termini tecnici.
La musica ha bisogno di essere ascoltata.
E' di "educazione all'ascolto" ciò di cui abbiamo bisogno. Ascolto dell'altro, dell'individuo, ascolto interiore.
Ancora una volta, l'Arte potrebbe essere il modello politico (sociale) cui educare le nostre coscienze.
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