Presagi e proverbi meteorologici nel sapere contadino di Ceglie Messapica
Cosimo Francesco Palmisano
Riflessioni-Umanesimo della Pietra, Martina Franca, Luglio 1998
Il bello e il cattivo tempo nei presagi della campagna
È in campagna più facile riscontrare la sopravvivenza di una mentalità magica, che un tempo aveva maggiore consistenza e che, oggi, resiste con sempre maggiore fatica all'assalto delle macchine e dei sistemi di produzione dell’industria, applicati all'agricoltura. La sopravvivenza, secondo l'antropologo inglese Edward Burnett Tylor, innalza tuttora in mezzo a noi monumenti primordiali di pensiero e di vita. 5
I presagi meteorologici, di cui rimane traccia sempre più labile anche nella campagna cegliese, documentano mirabilmente il tema della sopravvivenza.
La cultura contadina aveva proprie forme di divinazione, relativamente a ciascuno dei quattro elementi naturali (aria, acqua, terra, fuoco) ma qui saranno riesumate alcune credenze, sostanziate da presagi, legate a due degli elementi fondamentali della campagna, ossia l'acqua e la terra.
1 presagi per comodità si prestano a essere suddivisi in due ampie categorie: presagi segnici, fondati sull'interpretazione di segni, quali la mistica di particolari numeri e il comportamento degli animali; presagi oracolari, i quali si manifestano attraverso le forme di un sapere empirico, trasmesso oralmente, mediante i proverbi.
Nel novero dei primi s'include la conta bustrofedica dei primi ventiquattro giorni del mese di dicembre per trarre auspici sul ciclo delle piogge nell'anno successivo.
La pioggia in alcuni dei primi dodici giorni di dicembre sarebbe coincisa, nei primi quindici giorni dei mesi dell'anno successivo con precipitazioni meteoriche più o meno copiose: per esempio, un 3 dicembre piovoso consentiva al contadino di Ceglie di pronosticare un mese di marzo altrettanto ricco di piogge nella prima metà.
Dall'osservazione dei fenomeni meteorologici dal 13 al 24 dicembre era possibile, a ritroso, prevedere il ciclo delle piogge degli ultimi quindici giorni dei mesi dell'anno seguente: la pioggia il 14 dicembre, pertanto, sarebbe coincisa con una seconda quindicina di novembre piovosa; un 15 dicembre asciutto, invece, avrebbe resa parimenti asciutta la seconda quindicina di ottobre dell'anno seguente e così via a decrescere.
Di questo elaborato sistema cabalistico, di cui si va perdendo memoria, ovviamente esistono varianti: alcuni escludono dalla conta il 13 dicembre, antico giorno solstiziale e ancor oggi festa della rinascita del sole presso molte culture nordiche. 6
Il computo si estenderebbe, così, al 25 dicembre ma l'impalcatura bustrofedica del conteggio rimane immutata.
Un altro modo di trarre presagi secondo una procedura numerica consisteva nell'associare i tuoni di marzo alla quantità di grano da raccogliere: raccolto scarso se tuonava in principio del mese ma, se i tuoni venivano uditi dopo il giorno 15, i tomoli di grano da raccogliere sarebbero stati pari al numero del giorno in cui il fenomeno si manifestava.
Va ricordato, per inciso, che il mese di marzo nell'antico anno romano occupava il primo posto e che, tuttora, al pari di dicembre, esso conserva una posizione liminare in ragion della quale molte culture contadine traggono presagi dai fenomeni uranici di detti mesi. 7
Non a caso un proverbio, vulgato a Ceglie e in molti comuni viciniori, ha codificato: Ci chiov∂ di Sanda Bibbian∂_ (2 dicembre) chiove nu mes∂ i na sittiman∂.
Remotissimo è anche l'uso di osservare la luna per trarre presagi sul tempo a venire: Luna... si nigrum obscuro comprenderit aëra cornu, maxumus agricolis pelagoque parabitur imber (la luna se mai avrà rappreso dell'aria nera nella falce oscura, copiosissima pioggia si procurerà agli agricoltori ed al mare), avvertiva già Virgilio nelle Georgiche. 8
I contadini di Ceglie e di altri comuni contermini, quasi analogamente, alla vista della luna offuscata da un cerchio di luce, presagivano la pioggia. 9
Il gracidio delle cornacchie era un altro sintomo di tempesta imminente, cosa che Virgilio annotava nelle Georgiche: tum cornix plena pluviam vocat improba voce (allora la cornacchia maligna chiama a gran voce la pioggia). 10
Presagi segnici di pioggia, non solo nella campagna cegliese ma anche in quella di comuni finitimi, come Putignano, 11 sono, anche: il gatto che si lava la faccia o la comparsa delle formiche alate.
Il cane, che riproduce il verso del lupo, è un segno ambivalente: alcuni dicono che preannunci l'arrivo del grande freddo, analogamente all'orso intento a fabbricarsi un riparo nell'ultimo triduo di gennaio; 12 altri sostengono che esso presagisca una morte imminente nel nucleo famigliare di chi ascolta l'ululato o nel vicinato. 13
Indizio di gran freddo sopravveniente è, pure, la fiamma del camino, quando, secondo la credenza, si mantiene bassa e s'avvinghia alla paletta o all'attizzatoio.
Dall'osservazione di segni il sapere popolare è passato, poi, alla codificazione di un patrimonio di conoscenze, intorno agli auspici sul bello e sul cattivo tempo, attraverso proverbi dalla semplice scrittura, che prevede un paio di versicoli in rima fra loro, condensazione di una trasmissione orale attraverso varie generazioni.
Alcuni proverbi trovano riscontro anche in italiano, come: Tiemp∂ russ∂ di ser∂ / Tiempu buen∂ si sper∂, Tiemp∂ russ∂ di matin∂ / Tiempu brutt∂ s'avvicin∂; Ciel' a picuredd∂ /Jacqu∂ a catinedd∂. 14
Altri, elaborati nella campagna di Ceglie, hanno qualche affinità con quelli di contadi viciniori: Levand∂ / Jacqu∂ annand∂; / Quann∂ u giovidi u sol∂ pone anzak∂ / Fin∂ a dimenik∂ ma javì l'acqu∂. Il primo di questi adagi allude all'approssimarsi della piogga con il vento di levante; il secondo ai presagi connessi con il giovedì, giorno centrale della settimana in cui si vuole che, se il sole tramonta fra le nuvole, pioverà fino alla domenica. 15
Un riscontro nel libro della Genesi (9, 13-16) evidenzia il presagio Quann∂ jess∂ l'ark∂ di Novè / Ci na chiov∂ josc∂ chiov∂ crè (quando spunta l'arcobaleno, se non piove oggi, piove domani). 16
In quest’ultimo adagio si coglie un'inversione dei significati comunemente connessi all'arcobaleno, che indica la fine della pioggia e, presso gli antichi Greci, anche il passaggio nel cielo di Iride, messaggera degli dei. 17
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note
(1) E. LE ROY LADURIE, Tempo di festa, Tempo di carestia, Torino, 1982; Idem, La storia della pioggia e del bel tempo, in AA.VV., Fare storia, Torino, 1981, pp. 209-234.
(2) A. CATTABIANI, Calendario, Milano, 1994, p.13.
(3) M. MESLIN, L'uomo romano, Milano, 1981, pp. 45-46, 52-53,62-63; R. GRAVES, I miti greci, Milano, 1983, par. 34, nt. 3; par. 37, nt. 2.
(4) C.F. PALMISANO, Gestualità e formularità scaramantiche nella cultura contadina di Ceglie Messapica, in Riflessioni-Umanesimo della Pietra (in seguito R-UdP) Martina Franca, Luglio 1997, p. 220.
(5) E.B. TYLOR, Alle origini della cultura, Roma, 1985, vol. l, p. 26.
(6) A. CATTABIANI, op. cit., pp. 21 e 83. (7) Ivi, p.15.
(8) VIRGILIO, Georgiche, I, 427-429.
(9) M. GIULIVO, La luna e il sole nei proverbi e nelle curiosità, in R-UdP, Martina Franca, luglio 1988, p.164. (10) VIRGILIO, Georgiche, I, 388; cfr. anche C.F. PALMISANO, op. cit., p. 220.
(11) M. GIULIVO, Credenze e pregiudizi nella meteorologia popolare, in R-UdP, Martina Franca, luglio 1987, p. 121,
(12) C.F. PALMISANO, op. cit., p. 220; M. GIULIVO, Credenze... cit., p.123.
(13) E. B. TYLOR, op. cit., p. 125.
(14) CENTRO REGIONALE SERVIZI EDUCATIVI E CULTURALI BR/21 (a cura del; in seguito CRSEC), Per le parole antiche-Proverbi cegliesi, Oria,1993, pp. 58-60. (15) Ivi, pp. 60 e 62.
Cfr. G. G. MARANGI, Il vento nella tradizione popolare di Martina Franca, in R-UdP, Martina Franca, luglio 1955, p. 7.
(16) Ivi, p. 62.
(17) A. BURGIO, Dizionario delle superstizioni, Milano, 1965, pp. 44-45.