Oggi la Germania accoglie, su un totale di oltre mezzo milioni di immigrati italiani, circa centomila pugliesi registrati dall’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), provenienti da tutte le provincie pugliesi. Negli anni 60 del secolo scorso si produssero diverse inchieste sullo svuotamento delle aree più povere della nostra regione, tra cui l’Appenino Dauno ed il Gargano, e sulla trasformazione dei cafoni in operai avvenuta nel cuore dell’Europa più progredita. Giovanni Russo, il noto saggista e meridionalista, raccolse e pubblicò nel volume laterziano, Chi ha più santi in paradiso (1964), diverse testimonianze: « A Minervino un sindacalista mi aveva informato che l’emigrazione aveva assunto il carattere di una fuga irresistibile. In tre anni 5000 persone erano partite, ed erano i migliori, i più validi. Le stesse notizie mi giungevano dai paesi del Salento e altre ne avevo raccolte nel Tarantino, a Ceglie, a Ostuni, a Cisternino (solo qui 4.000 emigrati in un anno)». A Castelluccio Valmaggiore, una parte consistente degli emigrati (circa duemila che costituivano la metà del paese) si era trasferita a Wolfsburg. Fonte
Una parte consistente degli emigrati cegliesi in Germania vive a Herford. Negli anni ’70 si cercò di fare un gemellaggio fra le due città che, però, non ha prodotto risultati.
L’8 novembre del 1979 una delegazione del Consiglio Comunale raggiunse Herford dove vive una cospicua comunità di cegliesi emigrati. L’intento lodevole era quello di allacciare rapporti per un gemellaggio che avrebbe potuto favorire rapporti commerciali, finanziari e turistici con questa comunità tedesca a determinare migliori condizioni di vita per i nostri lavoratori emigrati.Nella sala del Consiglio Comunale di Herford Silvano Marseglia presentò, con garbo e stile, il nostro paese e il nostro popolo come eredi della millenaria civiltà della Magna Grecia.Il borgomastro tedesco nel ringraziare sentì la necessità di puntualizzare in un passaggio:"Cesare conquistò l’Europa, ma si fermò alle porte della Germania."
Il passaggio, in un primo tempo risultò incomprensibile, ma poi ho compreso che l’affermazione del borgomastro voleva significare che la diversità tedesca poco si fidava della chiassosa delegazione cegliese.
Fummo accolti cordialmente e al pranzo ufficiale assaporammo una deliziosa lepre allo zar tra le battute di Pietro Tanzarella rivolte a noi della sinistra che mai avremmo dovuto mangiare un piatto zarista (per la verità alla fino lo zar lo mangiammo due volte).
Si tennero tanti discorsi e si presero tanti impegni mai mantenuti. Fra questi ci fu quello di realizzare un giornale locale che avremmo inviato anche ai nostri lavoratori migrati per conservare un legame con la propria terra e conservare la memoria.
Il giornale non fu mai tentato, nè il gemellaggio, chissà perchè, non fu mai realizzato.
Forse sarebbe opportuno riprendere il discorso.
Da "La pampanella amara" di Vincenzo Gasparro.