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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

mercoledì 20 marzo 2013

Il vecchio e il mare


Il teatro si sCeglie
Sabato 23 marzo ore 21.00
Il vecchio e il mare
Teatro Comunale

con: Bruno Soriato, Robert McNeer, Salvatore Marci
regia, scene e luci: Michelangelo Campanale
drammaturgia: Katia Scarimbolo
assistente alla regia e costumi: Maria Pascale
video: Raffaella Rivi
ricerca scenografica, oggetti di scena: Paolo Baroni
macchinista di scena: Daniele Lasorsa, Enzo Ruta
consulenza musicale: Tommaso Scarimbolo
consulenza fonica: Luca Ravaioli

In una lettera del 7 febbraio del 1939 al direttore letterario della sua casa editrice, Hemingway scriveva di essere molto stimolato dalla storia di un vecchio pescatore dell’Havana che, dopo una lotta terribile di tre giorni, aveva catturato un pescespada enorme, gigante. Dirigendosi verso terra, però, i pescecani avevano divorato a poco a poco tutto il pesce. Era ritornato a terra soltanto con la testa e la lisca.
Nasceva così "Il vecchio e il mare", romanzo che nel 1954 ottenne il Premio Nobel per la letteratura, "epilogo a tutto quello che aveva imparato o aveva cercato di imparare mentre scriveva e cercava di vivere" (F. Pivano). Scrivere e cercar di vivere, e attraverso una storia semplice mettere in luce le eterne questioni dell’uomo.
La vita scrive le storie e l'arte ci regala la possibilità di fare esperienze che nella vita normalmente non faremmo. Abitare questa possibilità è il legame/confine tra l’arte e la vita.

Passaggi. E allora, sulla scena tre personaggi, tre vissuti, tre età: Hemingway lo "scrittore avventuriero" e "le sue creature", Santiago il vecchio pescatore e Manolin il ragazzo. Hemingway è l'adulto nel pieno del suo vigore, stimolato e messo in crisi da una storia semplice ed emblematica allo stesso tempo, con i suoi protagonisti guardati con rispetto, amore e pietà perché compagni e testimoni in un rito di passaggio. Santiago lotta nel mare, tra le corde, il sudore, la fatica, il dolore delle mani e della sconfitta e fa un salto spirituale nell’ultimo passaggio della sua esistenza; Manolin nell’attesa si scopre importante per il vecchio e grazie all’esperienza del suo maestro si prepara a diventare uomo.
Chi porta chi? Sono io che porto te o sei tu che porti me?

Come in una importante partita di baseball, Hemingway fa rimbalzare la palla tra sé e i suoi personaggi, tra il vecchio e il ragazzo, tra il vecchio e il pesce, tra il mondo umano e la natura, che è sempre lì, a ricordarci che facciamo parte di un unico grande gioco, un unico grande rito, nel quale l’uomo non trionfa mai del tutto, ma che ci porta sempre ... oltre.
La scenografia e le luci si fanno elemento drammaturgico, creando uno spazio attraversato da linee, da corde tese, che evocano la tensione costante del testo, e che regalano allo spettacolo un taglio cinematografico.

... ai nostri vecchi e ai nostri mari