Ricevo e pubblico volentieri "una sorta di diario con pensieri in libera uscita".
L'ULTIMA CORSA
Terza parte
L'ULTIMA CORSA
Terza parte
CORRERE
!
Non
immagianava il perchè lo dovesse fare ma quello del medico più che un consiglio
aveva la veste di un comando, un imperativo categorico che non poteva essere in
alcun modo neanche discusso e non intendeva farlo pur con tutti i dubbi e le
perplessità del caso e forse anche per via del fisico asciutto e malaticcio che
certo non dava segni di fiducia su eventuali sforzi fuori dal suo quotidiano,
dove il massimo impegno fisico era fare la fila al supeemercato o l' attesa
stressante allo sportello dell'ospedale cittadino per la richiesta di una visita
e nemmeno tanto urgente.
Tutto
sommato, pensò Rocco, non sarà un impegno difficile da assolvere visto che tanti
già lo fanno e se non corrono veloci camminano più spediti del solito in una
specie di maratona senza il necessario movimento di ginocchia e tallone
sincronizzati, Un passo accellerato che di certo non lo avrebbe messo in
difficoltà nè sul respiro nè sulle gambe abituate comunque a camminare su e giu
per le salite e le discese del paese.
Aveva
notato anche che sia nella villa comunale che nelle strade perioferiche tanti
usavano correre indossando tute di marca, scarpe adeguate per la corsa o quelle
da passeggio, comunemente dette da "ginnastica", un tipo di scarpa che lui
comunque calzava da anni senza mai togliersele per un altro tipo perchè molto
comode, e quindi non avrebbe dovuto comprarne un paio apposta per cominciare a
correre o camminare.
Magari
pensò, visto che certemente si sarebbero consumate prima del tempo (anche per
loro!) in estate le avrebbe alternate con un paio di mocassini in cuoio aperte
tipo francescane e in inverno con un paio di suole buone per non bagnarsi i
piedi.
Si,
di certo avrebbe fatto così e lo pensò guardandosi ripetutamente i piedi magari
che gli rispondessero e approvassero le sue scelte. Provò un paio di volte un
tacco e punta, accellerò diverse volte il passo scegliendo anche la salita che
portava in piazza per sondarne lo sforzo, non visto eseguì un paio di
accellerate a testa alta per respirare meglio e scoprì che il respiro del passo
era molto diverso da quello della corsa. Che se camminava a testa bassa
guardandosi i piedi respirava a fatica e mentre correva invece a testa con la
fronte leggermente alzata riusciva ad avere ossigeno per spingersi oltre
l'angolo, superarlo senza minimo sforzo nè fiatone ammazzarespiro. Di certo non
avrebbe corso per le viuzze del paese dove oltre gli sguardi avrebbe avuto la
zavorra di un percorso molto frammentato; non gli avrebbe nemmeno fatto piacere
che qualcuno lo avesse additato come uno scimunito (gli venne in mente Giannino,
una sorta di stallone urbano con tanto di nitrito in petto e un cervello da
bambino che si metteva a correre appena varcato l'uscio di casa e si fermava
solo quando gli ofrrivano da bere o un gelato o una caramella e lui ringraziava
nitrendo all'impazzata e scalpitando con le scarpe grosse sul selciato...);
solo se qualcuno gli avesse detto " corri proprio come un bambino" non si
sarebbe offeso perchè di certo lo era e di corse ne aveva fatto tra le viuzze
del centro storico dove spesso per la velocità si colpiva qualche muro andando a
sbattere contro un uscio scaranzato per arieggiare le alcove senza finestre.
Da
bambino, ricordò, si correva per tutto: tanti tipi di gioco prevedano la corsa,
la velocità d'esecuzione e poi la fuga per vicoli o per angoli, poi dietro ad un
cerchione svuotato, ad una palla di plastica, ad un dispetto di un amico. Si
correva senza risparmio di fiato, senza consapevolezza del tempo, prigionieri
solo dell'alba e del tramonto quando si usciva di csa e poi il rientro la sera e
in mezzo una pausa breve giusto per un piatto di pasta e per evitare sgrida e
schiaffi alla nuca. Il tempo che passava non aveva un volto, un corpo da
guardare e da toccare; passava accanto invisibile o ti attraversava lasciandoti
come segno un ricordo, una corsa appena finita mentre lentamente si cresceva
quasi senza accorgesene. C'erano poi le stagioni e le feste patronali, i frutti
diversi e qualche volta la neve e poi i primi peli sul viso, i pantaloni che si
allungavano, gli sguardi delle ragazze ad avvisare che il tempo stava
trascorrendo in fretta e lo sentivi se solo ti fermavi un attimo a pensare
guardandoti alle spalle. Anche il sigillo del primo bacio annunciava che dentro
e fuori, il tempo si prendeva la sua parte in maniera inesorabile e cercò un
orologio da polso, il primo alla prima comunione, che lo rese prigioniero
inconsapevole del meccanismo della vita, un conto alla rovescia senza sapere una
data precisa per quando abbandonare.
continua