di RAFFAELE NIGRO
Articolo Gazzetta del Mezzogiorno 2 dicembre 2013
Qualche giorno fa si è spenta Adriana
Notte, la mia amica Adriana, Non so da quanto la ricordo distesa nel Ietto,
incapace di interagire, in una casa di campagna che era un piccolo monastero
con stanze intercomunicanti e brulicanti di dipinti statue oggetti della
tradizione meridionale e altri provenienti da luoghi esotici e un ambiente più
grande e più luminoso trasformato in chiesa e dedicato alla Madonna. La chiesa
era addobbata di tele che il marito Giulio Marchioli. un uomo che ha dedicato
tutta la vita a Adriana donna e artista, aveva realizzato in vari cicli
pittorici, con soggetti di angeli, facciale di cattedrali, Vergini e Maternità
di Maria, paesaggi urbani e popolareschi, in un gusto tre-quattrocentesco, ora
volutamente naif ora geometrico e concettuale. Era pittrice, polemista,
animatrice culturale, poetessa, donna di molte risorse, Adriana. sempre viva e
frenetica. Figlia del futurista Emilio Notte e della cantante lirica Ines
Dell'Arti, dopo anni di vagabondaggi tra licei e istituti d'arte di mezza
Italia, aveva scelto di vivere nelle campagne di Cisternino, dove la conobbi ai
primi degli anni ottanta, in un complesso di trulli e case in cui aveva fondato
il centro culturale Fuoco del Melograno Insieme a Giulio. Era fuoco vivo in
poesia e in pittura: colori accesi, sogni chagalliani, linee spezzate e ritratti.
Lei provava a staccarsi dal geometrismo futurista che le aveva contagiato suo
padre e a concentrarsi sulla capacità penetrante dello sguardo, riducendo
all'essenziale la figura e gli sfondi, al punto da accostarsi all'essenzialità
di Antonello da Messina e di Modigliani. Mi costrinse a posare per lei in un ritratto
molto colorato, una specie di Mosè Impressionista e sintetico nei tratti.
Figura complessa e poliedrica quella di Adriana Notte,che ha pubblicato una
ventina di raccolte di versi, ha fondato il premio di poesia "Città di
Cisternino", diretto il semestrale
"Spazio verticale" e ha realizzato centinaia di opere pittoriche e
mosaici, che meriterebbero una ricca retrospettiva e se l'amministrazione
comunale volesse spendere quattro euro, una esposizione permanente.
AUTOBIOGRAFIA -Un'artista che ci ha consegnato
un profilo autobiografico nei libri Un padre una figlia. La vicenda di Emilio e Adriana Notte
(Foggia. Bastogi) e Parola-segno-colore, stampato da Lacaita nel 1987 e curato
da Michele Prisco. Un'artista che ha partecipato a tante collettive, da Osaka
alla Biennale di Venezia. "Ia mia arte-scriveva - non può essere disgiunta
dalle vicende che hanno caratterizzato la mia vita" e, come dichiarò nella
monografia per Bastogi, la sua vicenda personale non è scindibile da quella del
padre Emilio, al quale lei è stata sempre legata e dalla cui pittura ha provato
costantemente ad allontanarsi, tant’è che in un manifesto pubblicato a fine
anni ottanta insisteva sulla propria distanza dal futurismo e dal cubismo e
dall' idea di geometria espressa da queste correnti: "Oggi, Geometria è
rivelazione universale, nella quale l'uomo e la sua coscienza, lo spazio
fisico e spirituale sono contenuti". Lo sganciamento dal padre, dai
cubisti, Adriana lo cercava nella pittura dei muralisti americani e nella
pittura simbologica del tre e quattrocento, la miniatura, Giotto, Simone
Martini, Jeronimus Bosh, abbandonando l'analisi e la definizione per
raggiungere la sintesi dei gesti e delle figure rappresentate. Nata nel '20 a Milano, Adriana comincia
a dipingere per imitazione del padre, un padre che la seguirà a distanza, senza
mai palesarle apertamente la sua approvazione e il suo amore. "Difficile
uomo, difficile padre - cosi lo ricorda Adriana che tuttavia non ha mai perso
una dipendenza psicologica da lui, mai ha smesso di rispettare e idolatrare la
sua genialità - Ghiaccio e fuoco. La nascita di una femmina lo deluse".
Insieme a lui si sposta a Roma, e poi a Napoli, ne segue le vicende umane e artistiche,
partecipando alle riunioni futuriste, stringendo amicizia con i suoi amici, lo
scultore Attilio Torresini. l'incisore Vito Lombardi, i pittori Donghi, Socrate
e Chiti, vivendo i difficili anni in cui il padre era osteggiato dai colleghi
dell'Accademia napoletana o era amato e stimato da Ciardo, Monteleone, Michele
De Palma,i suoi assistenti. Ma ciò che ricorda con uguale intensità è il
silenzio greve che cadeva tra lei e il padre quando Insieme scendevano verso
l'Accademia, la distanza di lui, palesata anche In punto di morte. Ciò che non
avrebbe mai impedito ad Adriana di amarlo, di seguirlo a distanza, anche quando
lei sarebbe stata chiamala ad insegnare a Roma e a Pescara "Figura
disegnata e modellata". Anche quando non sarebbe stata accolta al suo
capezzale con trasporto, perché il grande vecchio non aveva occhi che per
Riccardo, Il figlio maschio. Lasciala la scuola, Adriana venne a vivere a Costernino,
spostandosi d'estate in una villa In Calabria. Amava la Puglia , sebbene nel
Trattato sull'arte in quattro fogli, del 2008, con molta amarezza accusi :
"Al presente sono affossata, la mancanza di mezzi soffoca l'ardimento.
Sono in una gabbia di pietra,iraconda e repressa. Voglio uscire da codesta
gabbia, perché la terra pugliese che ad altri ha fornito energie
ineguagliabili, mi comprime".