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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

martedì 3 dicembre 2013

Adriana, non solo pittrice fra i trulli


di RAFFAELE NIGRO
Articolo Gazzetta del Mezzogiorno 2 dicembre 2013

Qualche giorno fa si è spenta Adriana Notte, la mia amica Adriana, Non so da quanto la ricordo distesa nel Ietto, incapace di interagire, in una casa di campagna che era un piccolo monastero con stanze intercomunicanti e brulicanti di dipinti statue oggetti della tradizione meridionale e altri provenienti da luoghi esotici e un ambiente più grande e più luminoso trasformato in chiesa e dedicato alla Madonna. La chiesa era addobbata di tele che il marito Giulio Marchioli. un uomo che ha dedicato tutta la vita a Adriana donna e artista, aveva realizzato in vari cicli pittorici, con soggetti di angeli, facciale di cattedrali, Vergini e Maternità di Maria, paesaggi urbani e popolareschi, in un gusto tre-quattrocentesco, ora volutamente naif ora geometrico e concettuale. Era pittrice, polemista, animatrice culturale, poetessa, donna di molte risorse, Adria­na. sempre viva e frenetica. Figlia del futurista Emilio Notte e della cantante lirica Ines Dell'Arti, dopo anni di vagabon­daggi tra licei e istituti d'arte di mezza Italia, aveva scelto di vivere nelle campagne di Cisternino, dove la conobbi ai primi degli anni ottanta, in un complesso di trulli e case in cui aveva fondato il centro culturale Fuoco del Melograno In­sieme a Giulio. Era fuoco vivo in poesia e in pittura: colori accesi, sogni chagalliani, linee spezzate e ritratti. Lei provava a staccarsi dal geometrismo futurista che le aveva contagiato suo padre e a concentrarsi sulla capacità penetrante dello sguardo, riducendo all'essenziale la figura e gli sfondi, al punto da accostarsi all'essenzialità di Antonello da Messina e di Modigliani. Mi costrinse a posare per lei in un ritratto molto colorato, una specie di Mosè Impressionista e sintetico nei tratti. Figura complessa e poliedrica quella di Adriana Notte,che ha pubblicato una ventina di raccolte di versi, ha fondato il premio di poesia "Città di Cisternino",  diretto il semestrale "Spazio verticale" e ha realizzato centinaia di opere pittoriche e mosaici, che meriterebbero una ricca re­trospettiva e se l'amministrazione comunale volesse spen­dere quattro euro, una esposizione permanente.
AUTOBIOGRAFIA -Un'artista che ci ha consegnato un pro­filo autobiografico nei libri Un padre una figlia. La vicenda di Emilio e Adriana Notte (Foggia. Bastogi) e Parola-segno-colore, stampato da Lacaita nel 1987 e curato da Michele Prisco. Un'artista che ha partecipato a tante collettive, da Osaka alla Biennale di Venezia. "Ia mia arte-scriveva - non può essere disgiunta dalle vicende che hanno caratterizzato la mia vita" e, come dichiarò nella monografia per Bastogi, la sua vicenda personale non è scindibile da quella del padre Emilio, al quale lei è stata sempre legata e dalla cui pittura ha provato costantemente ad allontanarsi, tant’è che in un manifesto pubblicato a fine anni ottanta insisteva sulla propria distanza dal futurismo e dal cubismo e dall' idea di geometria espressa da queste correnti: "Oggi, Geometria è rivelazione univer­sale, nella quale l'uomo e la sua coscienza, lo spazio fisico e spirituale sono contenuti". Lo sganciamento dal padre, dai cubisti, Adriana lo cercava nella pittura dei muralisti ame­ricani e nella pittura simbologica del tre e quattrocento, la miniatura, Giotto, Simone Martini, Jeronimus Bosh, abban­donando l'analisi e la definizione per raggiungere la sintesi dei gesti e delle figure rappresentate. Nata nel '20 a Milano, Adriana comincia a dipingere per imitazione del padre, un padre che la seguirà a distanza, senza mai palesarle aper­tamente la sua approvazione e il suo amore. "Difficile uomo, difficile padre - cosi lo ricorda Adriana che tuttavia non ha mai perso una dipendenza psicologica da lui, mai ha smesso di rispettare e idolatrare la sua genialità - Ghiaccio e fuoco. La nascita di una femmina lo deluse". Insieme a lui si sposta a Roma, e poi a Napoli, ne segue le vicende umane e ar­tistiche, partecipando alle riunioni futuriste, stringendo ami­cizia con i suoi amici, lo scultore Attilio Torresini. l'incisore Vito Lombardi, i pittori Donghi, Socrate e Chiti, vivendo i difficili anni in cui il padre era osteggiato dai colleghi dell'Accademia napoletana o era amato e stimato da Ciardo, Monteleone, Michele De Palma,i suoi assistenti. Ma ciò che ricorda con uguale intensità è il silenzio greve che cadeva tra lei e il padre quando Insieme scendevano verso l'Accademia, la distanza di lui, palesata anche In punto di morte. Ciò che non avrebbe mai impedito ad Adriana di amarlo, di seguirlo a distanza, anche quando lei sarebbe stata chiamala ad in­segnare a Roma e a Pescara "Figura disegnata e modellata". Anche quando non sarebbe stata accolta al suo capezzale con trasporto, perché il grande vecchio non aveva occhi che per Riccardo, Il figlio maschio. Lasciala la scuola, Adriana venne a vivere a Costernino, spostandosi d'estate in una villa In Calabria. Amava la Puglia, sebbene nel Trattato sull'arte in quattro fogli, del 2008, con molta amarezza accusi : "Al pre­sente sono affossata, la mancanza di mezzi soffoca l'ardi­mento. Sono in una gabbia di pietra,iraconda e repressa. Voglio uscire da codesta gabbia, perché la terra pugliese che ad altri ha fornito energie ineguagliabili, mi comprime".