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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

sabato 4 ottobre 2014

Francesco a Ceglie

Auguri a tutti coloro che portano il nome del santo.

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Quello che resta dei Francescani a Ceglie.





Francesco organizza una forma di vita religiosa assolutamente inedita, che va oltre il chiostro cioè la vita monastica come era fin ad allora intesa. I cardini sono due: la vita comunitaria e la povertà quasi assoluta, in contrapposizione alle ricchezze degli ecclesiastici e anche, in molti caso, dei monaci. I concetti che si vengono elaborati sono dunque due e cioè la fraternità e l’essere assolutamente minori, nel senso di non possedere nulla, nemmeno i vestiti normali dell’epoca. 
Il senso di minorità. Ecco perché quei giovani che si raduna attorno a Francesco si danno il nome di “frati minori”, cioè meno di tutti gli altri frati. Nessuno insomma era come loro. Rinunciano a tutti, si vestono di sacco, danno tutto ai poveri. 
 Lo dice Tommaso da Celano, l’autore della prima cronaca dell’esperienza francescana: “E siano minori”. Ma c’è di più perché la povertà non è solo privazione di qualsiasi bene materiale, ma anche totale insicurezza e abbandono solo nelle mani di Dio. I primi vanno ad abitare in un tugurio, dove si ricoveravano animali. Sono in tre con Francesco, ma immediatamente l’esperienza attira molti giovani.