.

Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 25 febbraio 2016

L'opinione: "Aravano stamani..."

A
ravano stamani. Sulla collina e anche il mio vicino di campagna. Gli uni nel centro abitato, l'altro in contrada Seppunisu. Sulla collina, proprio ai piedi degli uffici dei dirigenti e degli assessori, tutti vista mare, il marrone
appena rivoltato a nuovo delle zolle bagnate faceva da contrappunto al grigio delle pietre appena recuperate nella loro veste regale di muri a secco e paretone, quel che ne rimane. Il mio vicino da tempo ha già piantato fave, finocchi altre rape; la nostra amministrazione va in ritardo anche nelle semine primaverili.
Pare ci sia una protesta in atto dei lombrichi. Sono mesi che la collina è in balia degli eventi, terrorizzata dai politici che seminano solo terrore e disorientamento quando ci si aspettava un recupero totale dell'intera zona che guarda a mare e non si sa se tale progetto sia ancora un obiettivo o anche quello è in alto mare! Una zona che negli intenti doveva essere panoramica, ospitale con panchine passeggio teatro lampioni e siepi colorate e profumate ed invece è rimasto un campo da arare! Gira ancora l'idea balzana
dell'orto in progress, una idea dell'ambientalismo sinistroide che non ha mai capito la parola recupero e valorizzazione; idea fatta propria da questa amministrazione che non sa cosa fare, neanche una, se non l'altra stramberia di portarci i bambini a togliere i bruchi dalle foglie dei peperoni, guardare le zucchine della terra e le zucche vuote dei politicanti scambiando il tutto per pedagogismo e ambientalismo, di cui francamente se ne potrebbe fare a meno perchè l'orto rimane un orto, nemmeno un'isola che non c'è, da cui si potrebbe partire per imparare qualcosa di serio. Potrebbe rimanere tale e valorizzato se qualche dirigente tornasse alla zappa invece che alla penna e alle delibere che non capisce e copia e ancor più se ad ogni assessore fosse assegnato un terrazzamento su cui impostare il suo lavoro futuro. 
La collina è una incompiuta, pari a una delle tante di epoca democristiana; rimane brutta perchè nuda e senza anima e le pietre unite nel coro di un muro non bastano più perchè ciò che risalta agli occhi è una immagine di abbandono
e di desolazione. Si deve decidere: ai turisti continuerete a offrire la vista di peperoni e melanzane, pomodori e cocomeri, prezzemolo e insalate varie o ci mettete su un bel giardino con fiori e alberi e siepi meditterannee? Volete unire il corpo della collina al centro storico con armonia e tanto verde o continuerete ad arare ad ogni inizio di stagione nella speranza di piantarci, quando verrà in mente, un'idea diversa e poi che cresca rigogliosa? Volete restituirla al paese dopo anni di abbandono o qualcuno vorrà costruirci il suo futuro continuando a zappettare, o magari darla ad una cooperativa costituita all'uopo per far arieggiare i lombrichi? Magari produrre a km zero e poi venderla nella piazza coperta quando sarà aperta, cioè mai?
Non capisco questa fissazione dell'orto: ma come non avete mosso un dito per cercare di aprire un parco archeologico e volete a tutti i costi coltivare pomodori e cocomeri, quando dall'amico fruttivendolo qualche cassetta pro domo propria o esigenze educative e scolastiche, la passa anche gratis? Si capisce poi della bontà della qualità culturale offerta, del perchè si preferisce l'orto al parco, del perchè nessuno legge e si inventano festival letterari, una sorta di legge di compensazione al rovescio. Non si può tenere una collina ostaggio di un ortaggio, come non si può tenere un paese senza alcuna idea di futuro che non siano pavimentazioni e mercatini.

Angelo Ciciriello