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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

lunedì 4 febbraio 2019

Giorno della memoria

Campo di prigionia Casa Rossa, Alberobello
Pochi sanno che, dal 1940 al 1943, su imitazione di quanto i nazisti facevano nell’Europa occupata, vennero aperti, anche in Italia, numerosi campi di concentramento.
Già prima del suo ingresso in guerra, il 10 giugno 1940, il governo italiano aveva imposto la stretta vigilanza su tutte le persone ritenute ostili al regime. A questo scopo, il governo allestì una quarantina di campi di detenzione: si trovavano tutti nell’Italia centro-meridionale e, in Puglia, ve ne furono quattro.
Tra gli elementi indesiderabili e i nemici da controllare vi furono molti ebrei stranieri. Accusati di essere imbevuti di odio contro i regimi totalitari e capaci di qualsiasi azione deleteria, essi dovevano essere arrestati e sorvegliati in appositi campi, ma, a parte questo, godevano di una certa libertà.
All’inizio, gli ebrei stranieri erano considerati quasi degli ospiti: possedevano un visto turistico e, ufficialmente, erano in attesa di completare le pratiche per trasferirsi in America o in Palestina. Tuttavia, in seguito all’entrata in guerra dell’Italia, essi rimasero intrappolati nei meccanismi della discriminazione e persecuzione razziale operata dal regime fascista e si trovarono senza più via di scampo.
Così, il Ministero degli Affari Esteri, dichiarando “nemici dello Stato” tutti gli ebrei presenti in Italia, avrebbe fatto arrivare in catene centinaia e centinaia di deportati, poi destinati ad essere condotti ad Auchwitz e ad altri campi di sterminio.