Sergio Tapia Radic, lo scultore che si innamorò della nostra Ceglie.
Eravamo nell’agosto dell’anno
2000, esattamente venti anni fa, quando si svolgeva a Ceglie Messapica il Corso
di Ceramica e Scultura, organizzato e coordinato da Vito Elia, coadiuvato da Donato
Roma, e con la direzione artistica dello scultore di origini cilene Sergio
Tapia Radic. Il corso estivo a cui presero parte piu’ di 40 allievi, come si
evince leggendo un articolo dell’epoca, pubblicato sul quotidiano La Gazzetta
del Mezzogiorno a firma Luca Dipresa, ebbe notevole successo, tanto che a
distanza di 20 anni chi scrive prova a ipotizzarne una replica. Oggi sappiamo
come sono andate purtroppo le cose, il Covid, maldetto Covid-19, ha rovinato
anche questo progetto proprio sul nascere.
Dalla caldissima estate del 2000
tante cose sono cambiate, i due amici Vito Elia e Sergio Tapia, pur non
perdendosi mai di vista sono andati ognuno per la propria strada. Così, mentre
la residenza di Elia è rimasta immutata nel tempo, nei pressi di Varese, quella
del maestro Tapia è andata cambiando più
volte. Dallo studio di Laveno Mombello, sul lago Maggiore, egli si sposterà
dapprima a Luino, ridente città situata sulla sponda orientale lombarda di quel
lago tanto caro ai Borromeo. Lascerà, non prima di essere stato ospite dei
principi di quella nobile famiglia, la città di Piero Chiara per spostarsi poco
distante e mettere radici temporanee a Brezzo di Bedero (VA), da qui porterà successivamente
dimora e studio in quel di Cuveglio (VA), ai piedi del Parco Naturale Regionale
Campo dei Fiori di Varese.
Da Cuveglio la svolta, si
cambierà regione, dalla Lombardia infatti Tapia Radic scenderà più tardi sino
alle Marche, dove scriverà pagine di pura arte plastica, nella storica
cittadina di Ripatransone sopra Grottammare, la città natale di Papa Sisto V,
in provincia di Ascoli Piceno. E’ bene ricordare che ogni spostamento di
residenza del grande artista, nato a Puerto
Natales, avverrà con a fianco la sua fedele compagna Loredana. Ed è con
la stessa che più tardi fisserà dimora ed atelier a S. Marcello, nei pressi di
Jesi, soffermandosi perciò ancora in territorio marchigiano.
In tutto questo peregrinare, ogni
località abitata saprà esaltare la sua esuberante creatività e il suo grande
talento, con opere sparse ovunque, nelle città, nei cimiteri, nelle chiese e
nei conventi, c’è pure chi gli realizza musei ed installazioni permanenti, come
a suggellare geograficamente il suo cammino artistico attraverso la patria
dell’arte, la sua seconda patria come Tapia Radic ama definirla. L’Italia
avrebbe voluto viverla tutta, dalla Valle d’Aosta sino al tacco, persino le
isole erano tra le sue mete, per trovare sempre nuovi stimoli alla immensa creatività.
Vale la pena ricordare ciò che un giorno, mentre mi trovavo nel suo studio
luinese, ebbe a precisare “Terminati gli studi,
sotto la guida dell’italiano prof. Antonio Corsi Maldini, presso la Scuola di
Arti Applicate dell’Università del Cile in Santiago, restai come assistente
alla cattedra di scultura presso la stessa Università per alcuni anni, sino al
1967. Dopo un primo soggiorno in Italia, negli anni 1970 e 1971, decisi di
trasferirmi nel paese dell’arte che
già amavo da ragazzo. Poi ancora - per
me vivere al nord Italia, al Centro o al sud poco importa, l’Italia è bella
ovunque e ovunque è il paese dell’arte, per antonomasia.
Della breve ma fortunata
esperienza vissuta nell’anno 2000 a Ceglie Tapia e Loredana ricordano tutto, il
calore della gente, l’accoglienza, le cene nella campagna cegliese, davanti ad
un forno acceso traboccante di inebrianti profumi di pizze e focacce, quando
non di melanzane alla parmigiana. Ma c’è pure qualche ricordo particolare da
parte mia. Una sera, durante i festeggiamenti di S. Rocco, mentre era seduto in
Piazza Plebiscito, provai gioia nell’osservarlo mentre Uno dei Gran Concerti di
Ceglie Messapica eseguiva alcuni brani di musica classica. Ai miei occhi, Sergio
Tapia, da amante appassionato di quella musica, sembrava un bambino rapito
dalle gesta e dai suoni dei concertisti, mentre la sua immagine gaudente
sembrava proiettarsi sulla cassarmonica, quasi a volerne prendervi parte. E’
molto triste ricordare che Il Covid-19, ironia della sorte, abbia messo a
tacere pure ogni concerto di qualsivoglia tendenza musicale, nelle nostre città.
In tutti questi venti anni
trascorsi, ma anche prima, ho seguito ovunque il grande scultore e ovunque egli
e la compagna Loredana hanno ricordato con sommo piacere quelle settimane
trascorse nella nostra città. E’ per questo motivo che già prima della fine dello
scorso anno ho cercato di progettare un ritorno nella nostra Ceglie, dopo 20
anni esatti, per un nuovo corso di ceramica e scultura ma, come ho avuto modo
di affermare in precedenza, il Covid 19 ci ha pensato bene a soffocare sul
nascere ogni cosa. Un epilogo triste, una delusione immensa, mia personale e
del maestro di Puerto Natales, se non fosse per quella cosa che è l’ultima a
morire, la speranza. Già la speranza di
poter rimandare tutto alla prossima estate, confidando di aver messo già a
tacere, mi auguro definitivamente, quel maledetto coronavirus, che dagli inizi
dell’anno 2020 ha mietuto e continua a mietere migliaia e migliaia di vite
umane (ivi compresa quella di Giuseppe Chirico, il mio vecchio amico morto a
Bergamo) e finito per stravolgere le nostre abitudini, il nostro modo di vivere,
non solo a Ceglie in verità, ma pandemicamente in ogni paese del mondo.
Vedano Olona (VA), 31 agosto 2020