Ricevo e pubblico volentieri
Egr.
Direttore,
a proposito della statua litica
di S. Francesco d’Assisi, sita nei pressi del Calvario di Ceglie Messapica, La
devo ringraziare vivamente per avermi concesso un vero assist, che mi
consentirà di rendere pubblico il mio pensiero, gravato di una preoccupazione
personale divenuta ormai annosa, a riguardo di un (ma non solo di quello)
manufatto artistico realizzato da uno scultore, figlio della nostra Ceglie.
Va detto anzitutto che la statua, cui Lei fa riferimento è opera dello
scultore Camillo Pecere.
Ecco cosa scrivono gli autori del libro “JARTISANE DE CEGGHIJE” Michele Ciracì e Nicola Santoro a pag. 95, a suo indirizzo.
Camillo Pecere –
scultore – 3.10.1875 – 11.1.1911)
Dotato di un talento eccezionale per il disegno e la scultura, svolse
l’apprendistato nella bottega del Maestro Rocco Gioia. Dimostrò subito il suo
valore con opere di grande impegno artistico, ritratti, cappelle gentilizie e
dimore di campagna. Notevoli le opere scolpite per la cappella della famiglia
Urgesi, chiesa di San Rocco e Teatro Comunale. Nel 1908 realizza la statua di
S. Francesco l’Assisi (Fig. 1) collocata in Largo Cappuccini.
Fig. 1
S. Francesco d’Assisi
L’immagine riportata in Fig. 1 è
presa dalla pag. 233 del libro “Storia di Ceglie Messapica” di Giuseppe e
Pietro Magno, edito da Grafischena di Fasano nel 1992. Ebbene, quantunque si
tratti di per se di una foto poco leggibile soprattutto nei suoi dettagli e
comunque di una foto risalente a poco più di un ventennio dai giorni nostri,
essa da bene l’idea, a chi ha bene in mente lo stato attuale della statua di S.
Francesco, degli effetti negativi dell’erosione, esercitata dagli agenti
atmosferici, a cui questo manufatto artistico continua ad essere sottoposto. Io
quella statua l’ho bene in mente, perché sono abituato ad osservare e giammai
guardare stancamente, superficialmente, tanto che già alcuni anni addietro
cercai di esternare la mia preoccupazione a Michele Ciracì, una persona molta
attenta al patrimonio storico, artistico e culturale della nostra Ceglie. La
mia preoccupazione era e rimane tale ancor oggi cioè, dal momento in cui è
stato realizzato quel monumento, la statua ha subito nel tempo gravi danneggiamenti
e continuare a far finta di niente, senza cioè poter effettuare un intervento
di restauro, di essa fra qualche decennio rimarrà ben poco, così come avvenuto
per le altre statue litiche presenti presso il calvario, così come lo sarà per l’altra
statua di S. Francesco, quello di Paola, posta al di sopra dello stemma
gentilizio di Palazzo Chionna (pag. 47 del libro “Ceglie Messapico, arte –
ambiente – monumenti” di Isidoro Conte e Gaetano Scatigna Minghetti, Nuova
Editrice Apuglia, 1987), così come lo sarà per il busto di S. Domenico di Guzmán (pag. 33 stesso libro), posto
sul portalino laterale della chiesa di S. Domenico e così come avverrà
purtroppo per gli altri manufatti artistici di Camillo Pecere e del figlio
d’arte Luigi Pecere e di altri scalpellini cegliesi.
Il problema è di quelli seri, se
ci sta a cuore il patrimonio artistico presente in Ceglie, tanto che sarebbe ora che
qualcuno cominciasse a farsi qualche domanda. Il ringraziamento mio personale
va al Blogger Mimmo Barletta per aver dato l’inizio, è mia speranza, ad un
dibattito serio e costruttivo, che possa portare a mettere in essere quegli
interventi di restauro, che pure ad uno sprovveduto potrebbero sembrare di una
priorità assoluta. Mi piacerebbe che si desse vita ad un convegno dedicato a
questo genere di cose, se non vogliamo correre il rischio di perdere per sempre
manufatti artistici, unici e mai replicati, fatti in materiale litico, cioè di
pietra vulnerabile agli agenti chimico-fisici, derivanti soprattutto dalla meteorologia.
Camillo e Luigi Pecere e qualche altro scalpellino del passato ci hanno
lasciato opere pubbliche e private che, piacciano o no, nel loro insieme
costituiscono il patrimonio scultoreo della città di Ceglie, che per tale
ragione dovrebbe essere sottoposto a tutela. Per queste motivazioni, bene
sarebbe l’eliminazione delle concause che contribuiscono nel loro insieme a
determinare il disfacimento progressivo dei materiali che li compongono,
allontanando ad esempio le opere dalla loro sede originaria e sostituendole con
copie, realizzate con lo stesso materiale, oppure ricorrendo alle tecniche di
fusione in bronzo, materiale tanto nobile quanto molto meno attaccabile dagli
agenti atmosferici. In questo caso tutti i manufatti originali in pietra,
quelli trasportabili ovviamente, potrebbero
essere esposti in un ambiente protetto e controllato, attraverso
dispositivi che agiscono sui parametri di temperatura e umidità, ma non solo.
Decidere di affidarsi ad una
soluzione di questo tipo potrebbe aprire all’idea progettuale di arricchire di
una nuova sala il MAAC, il nuovo “Museo” archeologico e di arte contemporanea
di Ceglie, da dedicare alla scultura e al bassorilievo. Se è vero che una tale
soluzione richiederebbe investimenti anche importanti, è vero pure che essa risulterebbe
conforme agli obiettivi propri del MAAC e potrebbe tranquillamente rientrare
nel contesto delle politiche rivolte alla valorizzazione e gestione del
patrimonio culturale, che ha permesso nel recente passato all’amministrazione
comunale di Ceglie di avere l'accesso ai finanziamenti regionali, messi a disposizione dalla Regione
Puglia. La scultura, vorrei ricordare, è una forma artistica importante,
sin ora ignorata un po’ da tutti nella nostra città, motivo sufficiente per sentirci
obbligati a tentare un doveroso quanto opportuno recupero, se vogliamo dare un
senso più completo alla parola “Arte”, che compare già dagli anni 90 nella
denominazione conferita alla nostra città, ovvero “Ceglie città d’arte, terra
di gastronomia”.
Credo che ogni soluzione,
tendente alla tutela dei manufatti artistici in questione presenti in città,
sia degna di essere accettata, resterebbe perciò prioritario decidere sul da
farsi senza più indugiare, a condizione di passare preventivamente, come detto in
precedenza, attraverso giornate di studio, per consentire innanzitutto di
delimitare l’orizzonte in cui muoversi, e cercando al contempo l’individuazione
e classificazione dei vari manufatti firmati dai nostri, compresi ovviamente
quelli realizzati fuori dalla città messapica. Un lavoro di questo tipo
potrebbe chiamare in causa anche studenti in procinto di attivarsi per le loro
tesi, che abbiano come obiettivo la salvaguardia del patrimonio storico,
artistico, culturale, ivi compresa la scultura e l’architettura, considerato
che gli scalpellini cegliesi si sono resi artefici di non poche realizzazioni
di tipo architettonico.
Alla luce di quanto detto,
ritengo i lavori degli autori cegliesi succitati, che ringrazio, in linea con
una buona base, da cui poter partire, al fine di ricercare democraticamente,
attraverso il contributo degli studiosi e di qualsiasi appassionato cittadino,
che abbia voglia di condividere gli obiettivi del caso, le soluzioni sostenibili migliori e magari ambire ad un
futuro non troppo lontano dai giorni nostri, in cui riuscire a realizzare tutti
quegli interventi che ci consentano di consegnare, nel migliore dei modi, alle
generazioni future un patrimonio storico, artistico e culturale, solo temporaneamente
a noi affidato.
In conclusione, dopo la pittura,
legata al pittore futurista Emilio Notte, e dopo la poesia di Pietro Gatti, la
scultura potrebbe in qualche modo aprire ad un nuovo capitolo di arricchimento
culturale in città, fondamentale per far emergere i nuovi “Pecere” tra le nuove
generazioni. Del resto, che il pittore futurista abbia già da tempo trovato in
Ceglie i suoi degni successori, credo sia cosa già da tempo acquisita, così
come lo è anche con Pietro Gatti, resta ora la scultura, una delle più nobili
espressioni dell’Arte, di fronte al rischio, quanto mai reale, di una colpevole
dimenticanza generale, da parte cioè di tutta la società cegliese. Il monito a
disertare questo rischio credo sia sotto gli occhi di tutti, basterebbe avere
la sensibilità di volgere lo sguardo verso le pietose condizioni in cui versano
i manufatti artistici, sin ora menzionati, senza per altro dimenticare le sacre
stazioni della Via Crucis, che da troppo tempo denunciano gridando il loro
drammatico, quanto evidente e deprecabile stato di totale abbandono ed incuria,
a cui nessuno dei cittadini cegliesi dovrebbe sottrarsi.
Infine, mi permetto di dire che
sono “Madonna della Grotta”, la Cripta S. Michele, gli “affreschi” del chiostro
dell’ex convento dei domenicani, i manufatti scultorei, appena citati, tra le
priorità più marcate, a cui tutta la cittadinanza dovrebbe far convergere ogni
sforzo partecipativo, nella speranza di
vederli ritornare ad antico splendore, come segnale di grande civiltà e per
essere consegnati alla fruizione della collettività.
Buon lavoro a tutti e, come
sempre, un cordiale saluto ai Signori Blogger e agli appassionati lettori.
Varese, 5 ottobre 2015
Vito Elia
A seguire, alcune immagini
relative a manufatti artistici di Camillo e luigi Pecere, tratte dai testi
sopra citati.
Fig. 2 Scultura funeraria di Camillo Pecere Fig. 3 Prospetto della cappella gentilizia della
Fam. Urgesi – cimitero com. Ceglie Messapica,
di Camillo Pecere
Fig. 4 Particolare della tomba del dottor Chirico, scultore Camillo Pecere
Fig. 5 Ritratto della moglie Anna
Conte, Matita e carboncino su carta realizzato da Camillo Pecere
Fig. 6 -7
Due opere scultoree
che portano la firma di Luigi Pecere, figlio d’Arte