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Na strende m'agghje 'ndise atturne o core / de fueche. Na u fa cchjù, ca pozze more. Da “Nu viecchju diarie d'amore” di Pietro Gatti

giovedì 22 agosto 2013

C'è posta per te




Scusate se la cosa potrebbe sembrare un po’ irriverente,  ma non è certo mia intenzione.
 L’altra sera, dopo la processione del 17 agosto e in seguito alla consegna delle chiavi della città, ho pensato che San Rocco sentisse l’esigenza di scrivere una lettera a Sant’Antonio da Padova.
 La lettera del Santo l’ho così immaginata (che presunzione):


Carissimo Antonio da Padova,
 
ti scrivo queste quattro righe per assicurati che nulla ho fatto per farmi concedere le chiavi di questa città. Sei tu il Santo Patrono di Ceglie, pertanto, unico destinatario di tale incombenza.
Purtroppo abbiamo a che fare con piccoli amministratori che approfittano di ogni circostanza per mettersi in evidenza; anche a costo di fare delle misere figure.
Però ti devo confessare una cosa: in un primo momento, avevo pensato che, in qualità di Compatrono di Ceglie, con il Tuo benestare e la condivisione della nostra grande Casa, la cosa si poteva anche fare.
Pertanto, durante la cerimonia di consegna delle chiavi della città, ho atteso che fosse pronunciato l’atto ufficiale con cui questa onorificenza mi veniva assegnata. Volevo vedere, scusa per la civetteria, come i consiglieri comunali avevano votato, in particolare quello della lista “Noi con Federico, che da noi è cresciuto, e se anche su questo punto il centro- destra si fosse diviso.
 Sapessi, caro Antonio, che miseria vedere, durante la processione, alle mie spalle, amministratori sghignazzare e tra loro insofferenti. Spero tanto che alla Tua processione sia andato meglio, ma che vuoi fare, sono ragazzi e la nostra fede ci impone di continuare ad operare e aspettare tempi migliori.
Ma ritornando alla consegna delle chiavi, con mio grande stupore, ho verificato che non c’è nessun atto amministrativo che in maniera ufficiale mi assegna l’onorificenza.
Anche ai mie tempi, nella metà del 1300, si usava scrivere su carta le decisioni che dovevano impegnare gli uomini negli anni successivi.
Questa onorificenza, che doveva, così come avviene per Te, essere ripetuta ogni anno durante i miei festeggiamenti, non poteva non essere scritta su quelle carte che oggi chiamano Delibere.
L’idea della consegna delle chiavi al Compatrono, invece, sembra essere nata tra pochi intimi che non arrivano a capire che un Comune si determina con atti e provvedimenti amministrativi e non con un aperitivo o una birra al bar.
Questo vuol dire che, aldilà di quelle che potevano essere le intenzioni, non mi hanno assegnato nulla, forse è meglio così, ubi maior minor cessa; ma che bisogno c’era di prendermi in giro?
Che ne dici, caro Antonio, di sentirci più spesso?
 Dovremmo cercare di fare qualcosa per questa città, non possiamo, ovviamente, intervenire sulle questioni politiche, le cui responsabilità cadono esclusivamente sui nostri cari cittadini cegliesi, ma penso che una mano più forte su questa città, in qualche modo, dovremmo metterla.

Con stima e affetto
 Rocco di Montpellier
  
( Libera interpretazione di Tommaso Argentiero, che se ne assume tutte le responsabilità amministrative e religiose)