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Scusate se la cosa potrebbe
sembrare un po’ irriverente, ma non è
certo mia intenzione.
L’altra sera, dopo la processione del 17
agosto e in seguito alla consegna delle chiavi della città, ho pensato che San
Rocco sentisse l’esigenza di scrivere una lettera a Sant’Antonio da
Padova.
La lettera del Santo l’ho così immaginata (che
presunzione):
Carissimo Antonio da
Padova,
ti scrivo queste quattro
righe per assicurati che nulla ho fatto per farmi concedere le chiavi di questa
città. Sei tu il Santo Patrono di Ceglie, pertanto, unico destinatario di tale
incombenza.
Purtroppo abbiamo a che
fare con piccoli amministratori che approfittano di ogni circostanza per
mettersi in evidenza; anche a costo di fare delle misere
figure.
Però ti devo confessare una
cosa: in un primo momento, avevo pensato che, in qualità di Compatrono di
Ceglie, con il Tuo benestare e la condivisione della nostra grande Casa, la cosa
si poteva anche fare.
Pertanto, durante la
cerimonia di consegna delle chiavi della città, ho atteso che fosse pronunciato
l’atto ufficiale con cui questa onorificenza mi veniva assegnata. Volevo vedere,
scusa per la civetteria, come i consiglieri comunali avevano votato, in
particolare quello della lista “Noi con Federico, che da noi è cresciuto, e se
anche su questo punto il centro- destra si fosse diviso.
Sapessi, caro Antonio, che miseria vedere,
durante la processione, alle mie spalle, amministratori sghignazzare e tra loro
insofferenti. Spero tanto che alla Tua processione sia andato meglio, ma che
vuoi fare, sono ragazzi e la nostra fede ci impone di continuare ad operare e
aspettare tempi migliori.
Ma ritornando alla consegna
delle chiavi, con mio grande stupore, ho verificato che non c’è nessun atto
amministrativo che in maniera ufficiale mi assegna
l’onorificenza.
Anche ai mie tempi, nella
metà del 1300, si usava scrivere su carta le decisioni che dovevano impegnare
gli uomini negli anni successivi.
Questa onorificenza, che
doveva, così come avviene per Te, essere ripetuta ogni anno durante i miei
festeggiamenti, non poteva non essere scritta su quelle carte che oggi chiamano
Delibere.
L’idea della consegna delle
chiavi al Compatrono, invece, sembra essere nata tra pochi intimi che non
arrivano a capire che un Comune si determina con atti e provvedimenti
amministrativi e non con un aperitivo o una birra al bar.
Questo vuol dire che,
aldilà di quelle che potevano essere le intenzioni, non mi hanno assegnato
nulla, forse è meglio così, ubi maior minor cessa; ma che bisogno c’era di
prendermi in giro?
Che ne dici, caro Antonio,
di sentirci più spesso?
Dovremmo cercare di fare qualcosa per questa
città, non possiamo, ovviamente, intervenire sulle questioni politiche, le cui
responsabilità cadono esclusivamente sui nostri cari cittadini cegliesi, ma
penso che una mano più forte su questa città, in qualche modo, dovremmo
metterla.
Con stima e
affetto
Rocco di Montpellier
( Libera interpretazione di
Tommaso Argentiero, che se ne assume tutte le responsabilità amministrative e
religiose)