Who wants to kill Jazz? #2
Un estratto dall'intervista che condivido fortemente.
JfI: Il rimedio all'omologazione culturale, dovrebbe partire dai musicisti stessi, dai critici che non si schierano abbastanza o dal pubblico che, finchè l'educazione musicale nelle scuole italiane sarà ferma al flautino ed al triangolo e la TV deterrà il potere, dovrà fare una fatica doppia?
GL: Io non credo per niente a questa balla secondo la quale bisognerebbe dare al pubblico ciò che vuole.
E' esattamente il contrario. Io ho fiducia nell'uomo.
Il pubblico è di gran lunga più sensibile ed intelligente rispetto ai musicisti e giornalisti e tutto lo star system in questione. Nessuno nutrirebbe un figlio solo con le merendine. Ergo: diamo al pubblico semplicemente bellezza e contenuti.
Tanto per uscire dal campo del jazz (e non urtare le sensibilità dei colleghi): tutta la grande Arte possiede già tutto. Ogni brano è uno spaccato esistenziale - in Mozart troviamo la leggerezza e la profondità contemporaneamente - in un gioco di rimandi e sovrapposizioni. C'è humor e dramma, come nella vita.
Pertanto operazioni di rilettura e/o semplificazione alla Allevi, sono semplicemente ridicole (e dannose).
Ti dirò che non credo neanche ci sia bisogno di educazione musicale in termini tecnici.
La musica ha bisogno di essere ascoltata.
E' di "educazione all'ascolto" ciò di cui abbiamo bisogno. Ascolto dell'altro, dell'individuo, ascolto interiore.
Ancora una volta, l'Arte potrebbe essere il modello politico (sociale) cui educare le nostre coscienze.
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Appello alle autorità sudafricane: giustizia e diritti a partire dai poveri nel Sudafrica dei Mondiali
Sono anni ormai che a Fasano Jazz si materializzano i capiscuola del Progressive e più in generale di tutta quella musica creativa cresciuta all'ombra della Swingin’ London anni '60. Gli Hatfield And The North" nel 2005, la “Soft Machine Legacy” nel 2007, Brian Auger nel 2008, i “Gong” di Daevid Allen l'anno successivo. Quest’anno toccherà a Patrizio Fariselli degli “(A)rea” e agli “Osanna” mantenere vivo il legame con quel laboratorio di creatività che sono stati gli anni a cavallo tra i '60 e i '70. Uno sguardo al Progressive tutto italiano (ma non solo) dunque, il filo conduttore della rassegna diretta da Domenico Demola. E non mancherà il Jazz - canonicamente parlando - rappresentato dal trio di Rita Marcoltulli, Palle Danielsonn, Roberto